Mi fa piacere constatare che qualcuno ha compreso perfettamente lo spirito del mio post su bollino Siae e Guardia di Finanza: la risposta della GdF è desolante ed ovviamente è auspicabile un "aggiornamento", ma - come dice Minotti - bisogna fare i conti con questa realtà. Così come, da sempre, bisogna fare i conti con le aziende che si occupano di duplicare e stampare cd e dvd: prendo atto del fatto che oggi non sono più il solo a dire che quelle aziende pretendono qualcosa che non è loro dovuto. Ripeto: la pretesa era già infondata ieri (se io non avevo nessuna intenzione di vendere i cd duplicati, perché mai dovevo acquistare i bollini Siae pagandoli anticipatamente al duplicatore?)... oggi è assolutamente inaccettabile (ma non per questo i cittadini non devono essere messi al corrente dell'attuale modus operandi della GdF).
Ci vuole coraggio, sì: il coraggio di prendere "di petto" forze dell'ordine, Siae... denunciare situazioni - come dicevamo - desolanti, affinché si pervenga ad un cambiamento concreto.
Sono stato io per primo a fare mettere nero su bianco a Siae la non obbligatorietà del pagamento del canone Siae per la musica d'ambiente se quest'ultima non è stata creata, eseguita e prodotta da soggetti iscritti a qualche organismo di intermediazione (Siae, Imaie, Scf... ).
Ed ho sempre parlato (mi autocito) di principi semplici, ma, nei fatti, non molto semplici da essere messi in pratica per disinformazione, per mancanza di organizzazione, per mancanza di certezze o anche per semplici "timori reverenziali".
Chi ha gli attributi, non si limita alle chiacchiere (utilissime: ma pur sempre chiacchiere): opera nel concreto, cerca soluzioni... per tutti. E' chiaro il concetto?
Tenga presente filozero (*) chi è alla ricerca di un modello di diffusione della musica non soggetto al "pizzo" Siae. Pensi a copyzero chi vuole evitare di corrispondere centinaia di euro a Siae per tutelare le proprie opere. Tenga presente questo e tanto altro (a incominciare dalle campagne di Scarichiamoli! - la prima e la più importante iniziativa italiana per la promozione della condivisione pubblica dei saperi - per una cultura libera e per la copia privata digitale) chi pensa di rivolgersi a me come ad un ottuso e vigliacco applicatore del bollino Siae. :-)
Abbiamo bisogno di abbattere i muri di gomma, di ridefinire lo strano rapporto che abbiamo con le Istituzioni e con l'Autorità, di aprire un varco alla diffusione di quella che, con Gennaro Francione, definimmo un giorno dorosfera, o di quella che Enzo Rullani chiama l'economia della conoscenza.
Magari ci fossero persone pronte a rimboccarsi le maniche: ma in genere prevale l'armiamoci e partite. Magari ci fossero persone pronte ad affrontare, con coraggio, le tematiche più delicate: ma in genere i "critici d'arte" sono molti di più degli "artisti" (ad esempio, nessuna rivista telematica, anche quelle che parlano di diritto alla riservatezza un giorno sì e l'altro pure, ha voluto pubblicare questa sconvolgente lettera aperta, in cui, dati alla mano, si dimostra come le forze dell'ordine non siano in grado di tutelare la privacy dei cittadini!).
Va bene, fermiamoci qui, altrimenti finisco per essere vanamente logorroico anche io.
(*) Filozero aprirà i battenti nelle prossime settimane all'interno di AREA01 (un sito dedicato alla creazione di un'area sicura di scambio legale di files attraverso l'uso della firma elettronica): passerà dall'attuale versione analogica (promessa al pubblico) alla versione digitale (utilizzo del linguaggio XML per raccogliere in un unico pacchetto firma elettronica, licenze elettroniche, file torrent... chi vivrà vedrà).
lunedì, aprile 28, 2008
Non fermiamoci alla scorza...
Per motivi che ho già indicato, non sono molto interessato a continuare a discutere sul bollino Siae, però, dopo avere letto questo articolo di Scorza, in cui mi si attribuiscono cose che non ho mai detto, mi sembra il caso di fare alcune precisazioni.
Dice Scorza:
vi è chi si spinge a sostenere che la vicenda della quale stiamo parlando non andrebbe divulgata.
Non ho mai detto che non si debba parlare della vicenda relativa al bollino Siae (io stesso ne ho parlato tante volte... e non soffro di schizofrenia). Ho invece detto che quando si parla di tale vicenda sarebbe buona cosa informare i cittadini del fatto che la Guardia di Finanza continua a reprimere il non-reato in oggetto (così l'ho sempre chiamato: non-reato).
Aggiunge Scorza:
non so se la denunziata disinformazione della Guardia di Finanza sul punto corrisponda a verità.
Che cosa significa questo? Che ho attribuito al Comando Generale della Guardia di Finanza e-mail frutto della mia fantasia? No: la diffamazione a mezzo Internet non rientra nelle mie abitudini.
Per il resto è giusto ribadire la non obbligatorietà dell'apposizione del bollino e la non retroattività dell'eventuale reintroduzione del reato: cose che, su questo blog, abbiamo detto tante volte.
Al tempo stesso, però, continuiamo a sperare che, se un giorno il reato sarà reintrodotto, la stampa diffonda la notizia con la stessa enfasi impiegata nello sventolare la non obbligatorietà del bollino.
Ecco: adesso ho chiarito per l'ennesima volta la mia posizione (tutti i miei articoli relativi al bollino Siae sono reperibili facilmente su questo blog: rinvio ad essi chi vuole conoscere più approfonditamente il mio reale pensiero). Mi dispiace constatare ancora una volta - e a mie spese - il potere distorsivo dell'informazione.
Scorza conclude il suo articolo ricordando così le parole di S. Agostino:
humanum fuit errare, diabolicum est... in errore manere.
La frase è bella, ma acquista un senso non banale solo se ricordata senza omissis:
humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere.
Cosa vuole dirci S. Agostino? Vuole dirci che persevera nell'errore chi presuppone di conoscere ciò che in realtà non conosce. Il trascurare l'esperienza e il non apprendere da essa conduce all'errore. Torniamo a noi: se Scorza avesse colto il senso profondo della frase di S. Agostino, non avrebbe supposto di conoscere il mio pensiero e non mi avrebbe attribuito cose che non ho mai detto; se voi imparerete dall'esperienza che la GdF continua a reprimere il non-reato in oggetto, eviterete di compiere azioni di cui potreste pentirvi. Aaameeen.
Dice Scorza:
vi è chi si spinge a sostenere che la vicenda della quale stiamo parlando non andrebbe divulgata.
Non ho mai detto che non si debba parlare della vicenda relativa al bollino Siae (io stesso ne ho parlato tante volte... e non soffro di schizofrenia). Ho invece detto che quando si parla di tale vicenda sarebbe buona cosa informare i cittadini del fatto che la Guardia di Finanza continua a reprimere il non-reato in oggetto (così l'ho sempre chiamato: non-reato).
Aggiunge Scorza:
non so se la denunziata disinformazione della Guardia di Finanza sul punto corrisponda a verità.
Che cosa significa questo? Che ho attribuito al Comando Generale della Guardia di Finanza e-mail frutto della mia fantasia? No: la diffamazione a mezzo Internet non rientra nelle mie abitudini.
Per il resto è giusto ribadire la non obbligatorietà dell'apposizione del bollino e la non retroattività dell'eventuale reintroduzione del reato: cose che, su questo blog, abbiamo detto tante volte.
Al tempo stesso, però, continuiamo a sperare che, se un giorno il reato sarà reintrodotto, la stampa diffonda la notizia con la stessa enfasi impiegata nello sventolare la non obbligatorietà del bollino.
Ecco: adesso ho chiarito per l'ennesima volta la mia posizione (tutti i miei articoli relativi al bollino Siae sono reperibili facilmente su questo blog: rinvio ad essi chi vuole conoscere più approfonditamente il mio reale pensiero). Mi dispiace constatare ancora una volta - e a mie spese - il potere distorsivo dell'informazione.
Scorza conclude il suo articolo ricordando così le parole di S. Agostino:
humanum fuit errare, diabolicum est... in errore manere.
La frase è bella, ma acquista un senso non banale solo se ricordata senza omissis:
humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere.
Cosa vuole dirci S. Agostino? Vuole dirci che persevera nell'errore chi presuppone di conoscere ciò che in realtà non conosce. Il trascurare l'esperienza e il non apprendere da essa conduce all'errore. Torniamo a noi: se Scorza avesse colto il senso profondo della frase di S. Agostino, non avrebbe supposto di conoscere il mio pensiero e non mi avrebbe attribuito cose che non ho mai detto; se voi imparerete dall'esperienza che la GdF continua a reprimere il non-reato in oggetto, eviterete di compiere azioni di cui potreste pentirvi. Aaameeen.
giovedì, aprile 24, 2008
A volte ritornano...
... ma non fanno paura, anzi! Apprendo con piacere che il buon Biasco ha deciso di non mollare: e allora eccolo lì, più bravo e brillante che pria. Se avete idee, suggerimenti, commenti da sottoporre all'attenzione di Christian, c'è un cantiere aperto che vi attende. Dacci dentro Christian e... tanta merda!
mercoledì, aprile 23, 2008
martedì, aprile 22, 2008
Bollino SIAE: la risposta della Guardia di Finanza
NEWS: La risposta a questo articolo di Guido Scorza la trovi qui.
Ho voluto calarmi nei panni dell'ingenuo ed onesto cittadino (non che io non sia un onesto cittadino, ma certamente non sono e non mi è consentito di essere molto ingenuo) che legge questo articolo di Punto Informatico e crede di poter fare a meno di apporre il contrassegno Siae senza avere alcun problema con le forze dell'ordine e con la giustizia.
Ho contattato la Guardia di Finanza (Comando Generale) ed ho posto domande semplici, argomentate e ben precise.
Salve, ho appreso su Internet (http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2255435) di una sentenza della Cassazione (reperibile qui: http://www.cortedicassazione.it/Documenti/13810.pdf) che, in riferimento ad una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, ha stabilito che, al momento, le norme italiane riguardanti l'obbligo di apposizione del contrassegno Siae (da parte di chi vende, ad esempio, audiovisi) non sono applicabili. Volevo sapere come si comporta all'oggi la GdF davanti alla fattispecie in oggetto (es.: musicista che vende i propri CD senza avervi apposto il contrassegno Siae).
Risposta della GdF:
Nel rispondere alla Sua e-mail del 16 u.s, Le rappresentiamo che potrà ottenere le informazioni richieste contattando direttamente l'Ufficio Relazioni con Pubblico della Società Italiana Autori ed Editori (http://www.siae.it/urp.asp) (S.I.A.E.), Ente la cui funzione istituzionale è volta alla tutela del diritto d'autore, sia telefonicamente presso le utenze 06/5990615, 06/5990623 e 06/5990806 (fax 06/5990435), sia tramite l'indirizzo di posta elettronica urp@siae.it.
E no, non potete scaricare il barile sulla Siae, perché Siae non comanda la GdF. :-D
Dunque, mi sono rivolto di nuovo alla GdF:
Vi ringrazio molto per la risposta, ma Siae non è a conoscenza delle eventuali misure che la Guardia di Finanza prende nella circostanza in oggetto. In altre parole, se la GdF trova un musicista che vende i propri cd non muniti di contrassegno Siae, come procede nei confronti di questa persona? Sequestra il materiale e/o trasmette la notizia di reato alla procura? E' questo che vorrei sapere.
Risposta della GdF:
Per rispondere alla Sua e-mail del 18 u.s., la informiamo che chiunque, a fini di lucro, detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della Legge n. 633/1941, l'apposizione di contrassegno da parte della SIAE, privi del contrassegno o dotati di contrassegno contraffatto o alterato, è punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582,00 a 15.493,00 Euro (art.171 ter, lett.d, legge n. 633/1941). Pertanto, Le rappresentiamo che il Reparto del Corpo procede al sequestro della merce sprovvista del contrassegno “SIAE”, notiziando l’Autorità Giudiziaria del reato di specie.
Evidenziamo ancora la risposta: il Reparto del Corpo procede al sequestro della merce sprovvista del contrassegno “SIAE”, notiziando l’Autorità Giudiziaria del reato di specie.
A quel punto, cari "non-contrassegnatori" in ascolto, io spero per voi che la palla passi ad una procura "aggiornata", altrimenti verrete rinviati a giudizio e dovrete affrontare anche le spese di giustizia.
E tutto questo per non avere apposto un bollino che costa 0,0... :-)
Come ho detto e ripetuto tante volte, fino a che alcune fattispecie di reato (benché inapplicabili dai giudici) non vengono cancellate dalla legge, le forze dell'ordine, a torto o a ragione, continueranno a comportarsi allo stesso modo. Di questo i cittadini che, in questi giorni, hanno letto, su Internet, valanghe di articoli sulla non obbligatorietà del contrassegno Siae devono essere ben consapevoli.
Visto che, come prevedevo, la regola tecnica relativa al contrassegno Siae sarà presto notificata alla Commissione Europea e tutto tornerà alla "normalità", non ha molto senso continuare ad occuparci di contrassegno Siae, se non per ribadire un paio di concetti fondamentali, sperando che possano essere di aiuto a chi si informa tramite Internet:
1) quando trovate articoli in cui vi dicono che un reato è scomparso ma la legge non è cambiata, cercate sempre di prendere contatto diretto con le forze dell'ordine (il reato potrebbe essere effettivamente scomparso ma le forze dell'ordine potrebbero continuare a reprimerlo, giacché non sono loro che applicano e disapplicano la legge!);
2) quando trovate centinaia di articoli in cui vi dicono che un reato è scomparso ma la legge non è cambiata, aspettate: poco tempo dopo potreste imbattervi in un trafiletto in cui si dice che quel reato è stato ripristinato.
Ho voluto calarmi nei panni dell'ingenuo ed onesto cittadino (non che io non sia un onesto cittadino, ma certamente non sono e non mi è consentito di essere molto ingenuo) che legge questo articolo di Punto Informatico e crede di poter fare a meno di apporre il contrassegno Siae senza avere alcun problema con le forze dell'ordine e con la giustizia.
Ho contattato la Guardia di Finanza (Comando Generale) ed ho posto domande semplici, argomentate e ben precise.
Salve, ho appreso su Internet (http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2255435) di una sentenza della Cassazione (reperibile qui: http://www.cortedicassazione.it/Documenti/13810.pdf) che, in riferimento ad una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, ha stabilito che, al momento, le norme italiane riguardanti l'obbligo di apposizione del contrassegno Siae (da parte di chi vende, ad esempio, audiovisi) non sono applicabili. Volevo sapere come si comporta all'oggi la GdF davanti alla fattispecie in oggetto (es.: musicista che vende i propri CD senza avervi apposto il contrassegno Siae).
Risposta della GdF:
Nel rispondere alla Sua e-mail del 16 u.s, Le rappresentiamo che potrà ottenere le informazioni richieste contattando direttamente l'Ufficio Relazioni con Pubblico della Società Italiana Autori ed Editori (http://www.siae.it/urp.asp) (S.I.A.E.), Ente la cui funzione istituzionale è volta alla tutela del diritto d'autore, sia telefonicamente presso le utenze 06/5990615, 06/5990623 e 06/5990806 (fax 06/5990435), sia tramite l'indirizzo di posta elettronica urp@siae.it.
E no, non potete scaricare il barile sulla Siae, perché Siae non comanda la GdF. :-D
Dunque, mi sono rivolto di nuovo alla GdF:
Vi ringrazio molto per la risposta, ma Siae non è a conoscenza delle eventuali misure che la Guardia di Finanza prende nella circostanza in oggetto. In altre parole, se la GdF trova un musicista che vende i propri cd non muniti di contrassegno Siae, come procede nei confronti di questa persona? Sequestra il materiale e/o trasmette la notizia di reato alla procura? E' questo che vorrei sapere.
Risposta della GdF:
Per rispondere alla Sua e-mail del 18 u.s., la informiamo che chiunque, a fini di lucro, detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della Legge n. 633/1941, l'apposizione di contrassegno da parte della SIAE, privi del contrassegno o dotati di contrassegno contraffatto o alterato, è punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582,00 a 15.493,00 Euro (art.171 ter, lett.d, legge n. 633/1941). Pertanto, Le rappresentiamo che il Reparto del Corpo procede al sequestro della merce sprovvista del contrassegno “SIAE”, notiziando l’Autorità Giudiziaria del reato di specie.
Evidenziamo ancora la risposta: il Reparto del Corpo procede al sequestro della merce sprovvista del contrassegno “SIAE”, notiziando l’Autorità Giudiziaria del reato di specie.
A quel punto, cari "non-contrassegnatori" in ascolto, io spero per voi che la palla passi ad una procura "aggiornata", altrimenti verrete rinviati a giudizio e dovrete affrontare anche le spese di giustizia.
E tutto questo per non avere apposto un bollino che costa 0,0... :-)
Come ho detto e ripetuto tante volte, fino a che alcune fattispecie di reato (benché inapplicabili dai giudici) non vengono cancellate dalla legge, le forze dell'ordine, a torto o a ragione, continueranno a comportarsi allo stesso modo. Di questo i cittadini che, in questi giorni, hanno letto, su Internet, valanghe di articoli sulla non obbligatorietà del contrassegno Siae devono essere ben consapevoli.
Visto che, come prevedevo, la regola tecnica relativa al contrassegno Siae sarà presto notificata alla Commissione Europea e tutto tornerà alla "normalità", non ha molto senso continuare ad occuparci di contrassegno Siae, se non per ribadire un paio di concetti fondamentali, sperando che possano essere di aiuto a chi si informa tramite Internet:
1) quando trovate articoli in cui vi dicono che un reato è scomparso ma la legge non è cambiata, cercate sempre di prendere contatto diretto con le forze dell'ordine (il reato potrebbe essere effettivamente scomparso ma le forze dell'ordine potrebbero continuare a reprimerlo, giacché non sono loro che applicano e disapplicano la legge!);
2) quando trovate centinaia di articoli in cui vi dicono che un reato è scomparso ma la legge non è cambiata, aspettate: poco tempo dopo potreste imbattervi in un trafiletto in cui si dice che quel reato è stato ripristinato.
venerdì, aprile 18, 2008
Contrassegno SIAE e duplicazione di cd e dvd
Tante sono le aziende che si occupano di duplicare e stampare cd e dvd. Chi si è rivolto a queste aziende per le sue produzioni sa bene che chiedono - per ogni cd e dvd duplicato e/o stampato - il pagamento anticipato del contrassegno Siae, indipendentemente dal fatto che la distribuzione dei supporti avverrà a titolo gratuito o a scopo di lucro.
La spiegazione che queste aziende danno era ed è sempre la stessa: se non chiediamo il pagamento del bollino, Siae se la prende con noi!
Tutto ciò era già incomprensibile ieri: oggi è diventato intollerabile.
Ma voglio andare oltre: spero che la Guardia di Finanza e le Procure della Repubblica abbiano le idee chiare sul contrassegno Siae. Non fatemi aggiungere altro.
mercoledì, aprile 16, 2008
Ai posteri l'ardua (davvero ardua) sentenza
In questi giorni sono in molti a parlare della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee che ha dichiarato l'illegittimità delle norme italiane che impongono l'apposizione del contrassegno SIAE sui supporti contenenti opere dell'ingegno. E c'è già chi chiede rimborsi.
Nessuno, però, si domanda: quando verranno abrogate le norme in oggetto? Quando verranno modificati i commi 1 e 2 dell'art. 171-bis LdA e la lettera d) del comma 1 dell'art. 171-ter LdA?
Le persone che, leggendo qua e là, hanno deciso di non apporre più il contrassegno SIAE, devono sapere che, fino a che la legge italiana non cambia (e non è detto che cambi, dato che la disapplicazione delle norme in oggetto da parte dei giudici italiani è soltanto temporanea) rischiano comunque di affrontare un processo.
E non credo che sia per loro di grande conforto sapere che ne uscirebbero indenni.
Per rispondere alla domanda suddetta può essere utile volgere uno sguardo al decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, intitolato Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Mi aspettavo che il decreto-legge disponesse l'esecuzione di una sentenza di cui vi riporto un estratto:
L’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), nonché l’art. 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Stiamo parlando del celebre caso Europa 7 (il 6 maggio è prevista la sentenza del Consiglio di Stato... mah): una vicenda giudiziaria che va avanti da molto tempo e che rappresenta pienamente l'"impunità del potere".
Ebbene, di quella sentenza non vi è traccia nel decreto-legge perché - ha spiegato l'ex-ministro Emma Bonino - la questione "non ha carattere di urgenza".
Nessuno, però, si domanda: quando verranno abrogate le norme in oggetto? Quando verranno modificati i commi 1 e 2 dell'art. 171-bis LdA e la lettera d) del comma 1 dell'art. 171-ter LdA?
Le persone che, leggendo qua e là, hanno deciso di non apporre più il contrassegno SIAE, devono sapere che, fino a che la legge italiana non cambia (e non è detto che cambi, dato che la disapplicazione delle norme in oggetto da parte dei giudici italiani è soltanto temporanea) rischiano comunque di affrontare un processo.
E non credo che sia per loro di grande conforto sapere che ne uscirebbero indenni.
Per rispondere alla domanda suddetta può essere utile volgere uno sguardo al decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, intitolato Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Mi aspettavo che il decreto-legge disponesse l'esecuzione di una sentenza di cui vi riporto un estratto:
L’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), nonché l’art. 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Stiamo parlando del celebre caso Europa 7 (il 6 maggio è prevista la sentenza del Consiglio di Stato... mah): una vicenda giudiziaria che va avanti da molto tempo e che rappresenta pienamente l'"impunità del potere".
Ebbene, di quella sentenza non vi è traccia nel decreto-legge perché - ha spiegato l'ex-ministro Emma Bonino - la questione "non ha carattere di urgenza".
Verrà considerata urgente dal nuovo Governo? :-D
Quando verranno modificati i commi 1 e 2 dell'art. 171-bis LdA e la lettera d) del comma 1 dell'art. 171-ter LdA?
Ai posteri l'ardua (davvero ardua) sentenza.
Ai posteri l'ardua (davvero ardua) sentenza.
giovedì, aprile 10, 2008
Le licenze d'uso non limitano le libere utilizzazioni 2
Continua sul blog di Minotti il dibattito sul tema licenze CC e libere utilizzazioni. Constato che le incomprensioni permangono e che, a causa di questo, il vero tema stenta ad emergere.
Il nocciolo della questione non riguarda, a mio avviso, le problematiche tecniche delle licenze (che vertono semmai sulla necessità della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie, sulle caratteristiche che deve possedere il documento informatico per soddisfare la forma scritta... ne abbiamo parlato in molte occasioni), ma, ancora una volta, la conoscenza dello strumento utilizzato (contratto standard, potremmo dire) da parte del licenziante (e del licenziatario): in altre parole, la discussione si farebbe più interessante se tornasse sui binari giuridico-sociologici.
A che serve aver specificato nella licenza che essa non si pone in contrasto con le libere utilizzazioni se il licenziante, assai spesso, non legge la licenza o la legge ma senza avere la più pallida idea di cosa siano realmente le libere utilizzazioni (tanto più che non si tratta di una materia disciplinata nel modo più lineare: vedi post precedente)?
Ignorantia legis non excusat: e dunque, prima di adottare una licenza bisognerebbe avere un'adeguata conoscenza dello strumento giuridico che si intende utilizzare e dei suoi effetti. Questo è il punto di partenza.
Scrivevo a Minotti (nei commenti al mio post): La "Critica della Ragion CCommons" raramente viene presa con "filosofia". A mio parere questo accade perché alla base del progetto CC c'è una forte componente ideologica che finisce per mescolare, pericolosamente, l'adesione ad un modello culturale e l'utilizzo di una licenza. La scelta della licenza CC dovrebbe essere più consapvole ed avvenire sulla base di precise necessità individuali. Molto spesso, invece, la scelta avviene come automatica conseguenza della partecipazione collettiva al movimento del "freecopyright".
Forse è il prezzo (scontato) che deve pagare il successo di un'iniziativa culturale di questo tipo, forse è un male minore o forse è un cancro estirpabile con una più attenta politica di promozione delle licenze... non lo so, ma so che questi sono temi sui quali potrebbe incentrarsi una discussione più interessante e, soprattutto, maggiormente comprensibile ai non addetti ai lavori.
Il nocciolo della questione non riguarda, a mio avviso, le problematiche tecniche delle licenze (che vertono semmai sulla necessità della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie, sulle caratteristiche che deve possedere il documento informatico per soddisfare la forma scritta... ne abbiamo parlato in molte occasioni), ma, ancora una volta, la conoscenza dello strumento utilizzato (contratto standard, potremmo dire) da parte del licenziante (e del licenziatario): in altre parole, la discussione si farebbe più interessante se tornasse sui binari giuridico-sociologici.
A che serve aver specificato nella licenza che essa non si pone in contrasto con le libere utilizzazioni se il licenziante, assai spesso, non legge la licenza o la legge ma senza avere la più pallida idea di cosa siano realmente le libere utilizzazioni (tanto più che non si tratta di una materia disciplinata nel modo più lineare: vedi post precedente)?
Ignorantia legis non excusat: e dunque, prima di adottare una licenza bisognerebbe avere un'adeguata conoscenza dello strumento giuridico che si intende utilizzare e dei suoi effetti. Questo è il punto di partenza.
Scrivevo a Minotti (nei commenti al mio post): La "Critica della Ragion CCommons" raramente viene presa con "filosofia". A mio parere questo accade perché alla base del progetto CC c'è una forte componente ideologica che finisce per mescolare, pericolosamente, l'adesione ad un modello culturale e l'utilizzo di una licenza. La scelta della licenza CC dovrebbe essere più consapvole ed avvenire sulla base di precise necessità individuali. Molto spesso, invece, la scelta avviene come automatica conseguenza della partecipazione collettiva al movimento del "freecopyright".
Forse è il prezzo (scontato) che deve pagare il successo di un'iniziativa culturale di questo tipo, forse è un male minore o forse è un cancro estirpabile con una più attenta politica di promozione delle licenze... non lo so, ma so che questi sono temi sui quali potrebbe incentrarsi una discussione più interessante e, soprattutto, maggiormente comprensibile ai non addetti ai lavori.
Test per aspiranti esperti di diritto d'autore
Ogni tanto mi capita di preparare qualche test per "aspiranti esperti di diritto d'autore".
Eccone uno (se siete "aspiranti esperti" non leggete le risposte!) in tema di libere utilizzazioni.
Lo pubblico per rendervi l'idea di quanto sia stupidamente compessa la materia (e quanto sarebbe utile una riforma nel segno della semplificazione).
Se vi piacciono i quiz in materia di diritto d'autore, potete continuare a "pedalare" recandovi qui.
Primo caso:
Mario Rossi è un giornalista e scrive un articolo sul Papa, articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi - Tutti i diritti riservati").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore di "Spazio News" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Secondo caso:
Mario Rossi scrive un articolo sulla storia della Coppa dei Campioni, articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore di "Sport News" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Terzo caso:
Mario Rossi scrive un articolo sul film "Vacanze di Pasqua", articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi - Tutti i diritti
riservati").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore della rubrica "L'angolo di Beppe" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Soluzione del primo caso:
L'art. 65 LdA permette la riproduzione di articoli di attualità di carattere religioso, purché la riproduzione non sia stata espressamente riservata (vedi anche art. 7 regolamento attuativo LdA).
Nel nostro caso l'articolo è di carattere religioso e potrebbe essere anche di attualità.
Ma la riproduzione è stata espressamente riservata.
Non può applicarsi l'art. 70 LdA perché Giuseppe Bianchi non discute né critica l'articolo ma semplicemente lo riproduce.
Non può nemmeno applicarsi l'art. 101 LdA perché un articolo è ben più di un'informazione o di una notizia (una mera informazione è, ad esempio, una notizia ANSA).
Dunque Giuseppe Bianchi NON può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi.
Soluzione del secondo caso:
L'art. 65 LdA NON eccettua la riproduzione di articoli di carattere sportivo (inoltre, non si tratta nemmeno di un articolo di attualità).
Quindi, benché la riproduzione non sia stata espressamente riservata, l'articolo non può essere letto.
Per il resto valgono le considerazioni fatte sopra.
Soluzione del terzo caso:
Benché possa trattarsi di un pezzo di attualità, l'art. 65 NON eccettua la riproduzione di articoli sul cinema.
Inoltre, la riproduzione è stata espressamente riservata.
Tuttavia, in questo caso Bianchi intende discutere e criticare il pezzo di Rossi ed è dunque applicabile l'art. 70 LdA.
Pertanto, Bianchi, nel rispetto delle condizioni di cui all'art. 70 LdA, può leggere in radio l'articolo di Rossi.
Ecco i riferimenti normativi:
Art. 65 LdA, primo comma:
Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato.
Art. 7 Regio Decreto 18 maggio 1942, n. 1369:
La dichiarazione di riserva per la riproduzione in altre riviste o in altri giornali, anche radiofonici, di articoli di attualità di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste e giornali, ai sensi dell'art. 65 della legge, si effettua mediante l'indicazione, anche in forma abbreviata, delle parole “riproduzione riservata” o altre analoghe, all'inizio o alla fine dell'articolo.
Art. 70 LdA, primo comma:
Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
Art. 101 LdA, primo comma:
La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l'impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte.
Eccone uno (se siete "aspiranti esperti" non leggete le risposte!) in tema di libere utilizzazioni.
Lo pubblico per rendervi l'idea di quanto sia stupidamente compessa la materia (e quanto sarebbe utile una riforma nel segno della semplificazione).
Se vi piacciono i quiz in materia di diritto d'autore, potete continuare a "pedalare" recandovi qui.
Primo caso:
Mario Rossi è un giornalista e scrive un articolo sul Papa, articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi - Tutti i diritti riservati").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore di "Spazio News" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Secondo caso:
Mario Rossi scrive un articolo sulla storia della Coppa dei Campioni, articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore di "Sport News" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Terzo caso:
Mario Rossi scrive un articolo sul film "Vacanze di Pasqua", articolo che viene pubblicato sul "Corriere del Giorno" (in fondo all'articolo è scritto: "Mario Rossi - Tutti i diritti
riservati").
Giuseppe Bianchi è invece il curatore della rubrica "L'angolo di Beppe" su "Radio Drago".
Domanda: Giuseppe Bianchi può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi?
Soluzione del primo caso:
L'art. 65 LdA permette la riproduzione di articoli di attualità di carattere religioso, purché la riproduzione non sia stata espressamente riservata (vedi anche art. 7 regolamento attuativo LdA).
Nel nostro caso l'articolo è di carattere religioso e potrebbe essere anche di attualità.
Ma la riproduzione è stata espressamente riservata.
Non può applicarsi l'art. 70 LdA perché Giuseppe Bianchi non discute né critica l'articolo ma semplicemente lo riproduce.
Non può nemmeno applicarsi l'art. 101 LdA perché un articolo è ben più di un'informazione o di una notizia (una mera informazione è, ad esempio, una notizia ANSA).
Dunque Giuseppe Bianchi NON può leggere in radio l'articolo di Mario Rossi.
Soluzione del secondo caso:
L'art. 65 LdA NON eccettua la riproduzione di articoli di carattere sportivo (inoltre, non si tratta nemmeno di un articolo di attualità).
Quindi, benché la riproduzione non sia stata espressamente riservata, l'articolo non può essere letto.
Per il resto valgono le considerazioni fatte sopra.
Soluzione del terzo caso:
Benché possa trattarsi di un pezzo di attualità, l'art. 65 NON eccettua la riproduzione di articoli sul cinema.
Inoltre, la riproduzione è stata espressamente riservata.
Tuttavia, in questo caso Bianchi intende discutere e criticare il pezzo di Rossi ed è dunque applicabile l'art. 70 LdA.
Pertanto, Bianchi, nel rispetto delle condizioni di cui all'art. 70 LdA, può leggere in radio l'articolo di Rossi.
Ecco i riferimenti normativi:
Art. 65 LdA, primo comma:
Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato.
Art. 7 Regio Decreto 18 maggio 1942, n. 1369:
La dichiarazione di riserva per la riproduzione in altre riviste o in altri giornali, anche radiofonici, di articoli di attualità di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste e giornali, ai sensi dell'art. 65 della legge, si effettua mediante l'indicazione, anche in forma abbreviata, delle parole “riproduzione riservata” o altre analoghe, all'inizio o alla fine dell'articolo.
Art. 70 LdA, primo comma:
Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
Art. 101 LdA, primo comma:
La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l'impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte.
mercoledì, aprile 09, 2008
Politici e software libero
AsSoLi invita i candidati a sottoscrivere un documento con il quale, in forza della propria libertà di mandato, prendano l'impegno di fronte agli elettori di sostenere, promuovere e votare leggi e politiche a favore del software libero.
Visto che viene indicato il sito web di ogni partito, penso che sarebbe utile indicare anche il server relativo... tanto per informare gli elettori circa la "sensibilità al SL" lato server. Si scoprirebbe, ad esempio, che il Partito Democratico è passato da Linux a MS, mentre Il Popolo Della Libertà è passato da MS a Linux.
Per quanto riguarda, invece, i singoli candidati, sarebbe stato interessante sapere cosa hanno fatto realmente per il SL nella loro precedente attività politica.
Un elettore con un minimo di esperienza sa che è chi rincorre che ha bisogno di farsi pubblicità.
E' per questo che il PDL ha per il momento un solo candidato "sensibile al SL".
Tuttavia, se tutti i candidati fossero venuti a conoscenza dell'iniziativa di AsSoLi, le adesioni sarebbero state molte di più e da parte di TUTTI i partiti... ma perché qualche voto in più fa sempre comodo, non per reale interesse alla causa.
L'interesse reale, se proprio vuoi dimostrarlo, lo dimostri con quello che concretamente hai già fatto, non con delle proposte che ti limiti a sottoscrivere in campagna elettorale... un periodo in cui i candidati che hanno bisogno di voti sottoscrivono praticamente qualsiasi cosa venga loro sottoposta senza farsi troppi problemi sul futuro mantenimento delle promesse.
I candidati (e i partiti e le coalizioni) già disattendono i propri programmi, figuriamoci quelli scritti da altri!
Visto che viene indicato il sito web di ogni partito, penso che sarebbe utile indicare anche il server relativo... tanto per informare gli elettori circa la "sensibilità al SL" lato server. Si scoprirebbe, ad esempio, che il Partito Democratico è passato da Linux a MS, mentre Il Popolo Della Libertà è passato da MS a Linux.
Per quanto riguarda, invece, i singoli candidati, sarebbe stato interessante sapere cosa hanno fatto realmente per il SL nella loro precedente attività politica.
Un elettore con un minimo di esperienza sa che è chi rincorre che ha bisogno di farsi pubblicità.
E' per questo che il PDL ha per il momento un solo candidato "sensibile al SL".
Tuttavia, se tutti i candidati fossero venuti a conoscenza dell'iniziativa di AsSoLi, le adesioni sarebbero state molte di più e da parte di TUTTI i partiti... ma perché qualche voto in più fa sempre comodo, non per reale interesse alla causa.
L'interesse reale, se proprio vuoi dimostrarlo, lo dimostri con quello che concretamente hai già fatto, non con delle proposte che ti limiti a sottoscrivere in campagna elettorale... un periodo in cui i candidati che hanno bisogno di voti sottoscrivono praticamente qualsiasi cosa venga loro sottoposta senza farsi troppi problemi sul futuro mantenimento delle promesse.
I candidati (e i partiti e le coalizioni) già disattendono i propri programmi, figuriamoci quelli scritti da altri!
lunedì, aprile 07, 2008
Le licenze d'uso non limitano le libere utilizzazioni
Questo post di Minotti ha sollevato molte polemiche, soprattutto nel mondo "open". Tuttavia, non riesco a capire il motivo di tanta insofferenza.
Dice Minotti: non ho mai compreso la cieca adesione fideistica manifestata specie dai blogger.
Beh, non l'ho mai compresa nemmeno io. Tant'è che molti adottano le licenze CC e poi vengono a chiedere delucidazioni sul loro contenuto. E' assurdo: dovrebbe avvenire il contrario!
Continua Minotti: le ho messe anch’io [n.d.r.: licenze CC] per quel fondamentale e imperdonabile errore che si chiama omologazione e che mi ha fatto perdere di vista la mia cultura giuridica.
Questa mi pare semplice autocritica.
Alzi la mano chi sa veramente cosa significano queste licenze (e le “cugine” GPL), quali sono le basi e le conseguenze giuridiche. Pochi, direi, e ditemi pure presuntuoso.
La percentuale degli utilizzatori delle licenze CC che, prima di adottarle, si prendono la briga di leggerle, è bassa: lo dimostra il fatto che molti sono convinti che le licenze CC non servano a rinunciare all'esercizio esclusivo di una serie di diritti di utilizzazione economica, ma a "proteggere le opere" (come se Creative Commons fosse una sorta di "Siae buona"). Questo equivoco è stato causato anche da Creative Commons, che fino a poco tempo fa sosteneva di avere creato "un nuovo diritto d'autore" (sic): fortunatamente sono riuscito a fare cambiare la dichiarazione sulla home di creativecommons.it.
Andiamo avanti nella lettura del post di Minotti (si tratta di estratti). La legge sul diritto d’autore le disciplina a partire dall’art. 65 [n.d.r.: libere utilizzazioni] e mi sembra chiaro che, pur evidenziando alcuni dati dell’opera, nessuno può impedire un link e la riproduzione di un titolo. Eppure, una lettura non corretta (non conforme alla legge, che comanda sempre nel contrasto) delle Creative Commons può portare alla paradossale conclusione che esse non garantiscono sempre la libera circolazione del sapere, ma, al contrario, talvolta la limitano per giunta - vale la pena di ribadirlo - in contrasto col nostro ordinamento.
Che una lettura non corretta delle licenze CC possa portare alla paradossale conclusione in oggetto è confermato da quanto è effettivamente accaduto nel celebre caso "Casa Pannella".
E' perfettamente inutile che l'articolo 2 delle licenze CC informi il licenziatario dell'esistenza delle libere utilizzazioni ai sensi di legge (la parodia, peraltro, non ha una tutela legale ma è una costruzione giurisprudenziale su base costituzionale), se la licenza non viene letta correttamente o, addirittura, non viene letta!
E il "bello" è che non soltanto le licenze CC non vengono lette da chi le utilizza, ma non vengono lette nemmeno da chi le scrive! Paradossale? Sì. Ma anche vero: guardate qui. I punti 4a e 4b sono identici. E' stato ripetuto due volte lo stesso punto e manca un intero punto! Ed è proprio il punto chiave della licenza (quello che contiene la clausola copyleft)! Delle conseguenze giuridiche di questo pasticcio abbiamo già parlato e non mi ripeterò.
P.Q.M. credo che quella di Minotti fosse una critica costruttiva, descrittiva di una situazione realmente esistente, e che non meritasse di finire sotto l'egida dei CCrociati.
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