sabato, ottobre 28, 2006

Che culo!

Ricevo pochi giorni fa un invito - da parte di Erick Iriarte Ahon - a partecipare alla conferenza Metodos de Licenciamiento de Derechos de Autor. ¿Esta todo dicho?. Tendencias, Propuestas y Criticas.

Dove? In Perù, a Lima.

Dopo poco arrivano le notizie del terremoto di magnitudo 6,5 con epicentro a 155 chilometri a sud-sudest di Lima.

Prestito gratuito nelle biblioteche pubbliche

L'Italia doveva modificare l'art.69 LDA (Il prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale, non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione... ), adeguandolo alla direttiva 92/100/CEE, e stabilire che il prestito nelle biblioteche pubbliche garantisse una remunerazione almeno per gli autori (ossia per almeno una delle categorie di cui all'art. 2 comma 1 della direttiva in oggetto).

L'Italia non l'ha fatto e quindi ha violato l'art. 5 comma 1 della direttiva, che prevede, sì, una deroga (ossia la possibilità, per le biblioteche pubbliche, di non chiedere l'autorizzazione ai titolari dei diritti per esercitare il diritto di prestito), ma solo se è garantita una
remunerazione agli autori.

Per questi motivi la Corte Europea (Sesta Sezione) ha dichiarato e statuito:

1) Avendo esentato dal diritto di prestito pubblico tutte le categorie di istituzioni per il prestito pubblico ai sensi della direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 1 e 5 di tale direttiva.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

E il Governo italiano che fa?

Il Governo propone l'istituzione di un
Fondo per il diritto di prestito pubblico con una dotazione di 3 milioni di euro (ma non specifica se annui), che verrebbe gestito dalla Siae, incaricata di ripartire i fondi tra gli aventi diritto, in base a indirizzi da stabilirsi con Decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.

Il prestito effettuato dalle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici rimarrebbe
gratuito per gli utenti finali.
Cioè: paghi lo stesso, ma ti danno l'impressione di non pagare.

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Art. 163 del disegno di Legge Finanziaria per il 2007

(Disposizioni in materia di beni culturali)
[omissis]

7. All’articolo 69 della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modifiche e integrazioni, al comma 1, dopo la parola "diritto" sono soppresse le parole ", al quale non è dovuta alcuna remunerazione".

8. All’articolo 69 della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modifiche e integrazioni, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti commi:
"1-bis Al fine di assicurare la remunerazione del prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche di cui al comma 1, è istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali il Fondo per il diritto di prestito pubblico (di seguito denominato "Fondo"), con una dotazione di euro 3.000.000,00.
1-ter. Il Fondo è ripartito dalla Società italiana Autori ed Editori (SIAE) tra gli aventi diritto, sulla base degli indirizzi stabiliti con Decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentite la Conferenza Stato - Regioni e le associazioni di categoria interessate. Per l’attività di ripartizione spetta alla SIAE una provvigione, in misura non superiore allo 0,01 per cento del Fondo, a valere esclusivamente sulle risorse del medesimo.
1- quater. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai prestiti presso tutte le biblioteche e discoteche di stato e degli enti pubblici, ad eccezione di quelli eseguiti dalle biblioteche universitarie e da istituti e scuole di ogni ordine e grado.".

giovedì, ottobre 26, 2006

CopyZero on-line "ha fatto scuola": scatta il business

Questa s.r.l. propone la marca temporale come strumento di protezione delle opere.
Certo, il paragone con CopyZero on-line non esiste, né dal punto di vista dei costi (2,5 euro per ogni Mb) né dal punto di vista dell'efficienza (la marca dura soltanto 1 anno e non è dato sapere se sia rinnovabile).

Spero che quel sito contribuisca a diffondere l'utilizzo della marca temporale, ma attraverso CopyZero, che, in nome di un ideale, ha ucciso questo tipo di mercato ancora prima che nascesse.

lunedì, ottobre 23, 2006

Il gioco sporco di SIAE


Siae gioca sporco.

Siae fa riferimento all'art.51 del Regolamento di esecuzione della legge sul diritto d'autore (art. 175 LDA), in base al quale - dice Siae - sui programmi musicali devono essere riportate tutte le opere eseguite anche se di pubblico dominio (o liberamente licenziate).

Ma il diritto demaniale di cui parla Siae è stato abrogato dal comma 4 dell'art. 6 della legge 30/1997:
Gli articoli 175 e 176 della legge 22 aprile 1941, n. 633, riguardanti l'imposizione di un diritto demaniale sugli incassi derivanti da rappresentazioni, esecuzioni e radiodiffusioni di opere di pubblico dominio, sono abrogati.

Ovviamente c'è qualcuno che se ne è accorto: leggete con attenzione questo documento.

Si può ricorrere ad una AUTOCERTIFICAZIONE.

Bene. Finché un'autocertificazione sia tale occorre che sia CERTA.

In altre parole occorre dimostrare che i brani diffusi:
1. sono brani rilasciati dai titolari dei diritti con licenze open content;
2. sono brani di autori non iscritti alla Siae.

Le licenze Copyzero X sono state pensate anche per far fronte a questo problema:
1. la firma digitale (Copyzero), è l'unico strumento in grado di dimostrare che realmente l'autore X ha voluto rilasciare con licenza Y il suo brano Z;
2. sono le uniche ad avere una clausola che esclude espressamente l'iscrizione alla Siae da parte del licenziante.

Quindi, credo che sia possibile abbattere il muro che la Siae ancora cerca di tenere alto:
- bisogna informare;
- bisogna organizzare una comune piattaforma di "abbattimento" (perché Siae si sta approfittando dell'ignoranza diffusa e del fatto che le realtà oppositrici sono realtà sparse).

Si ragionava, sulla lista di Scarichiamoli! proprio sulla possibilità di creare un sistema organizzato di autocertificazione. Si parla di un concetto a tutto tondo: da Internet al mondo reale.

Ci credo, perché so che si può fare.
E più siamo, prima facciamo.

giovedì, ottobre 05, 2006

La cultura affoga nel petrolio


Abbiamo ancora negli occhi il Museo Nazionale di Bagdad, che raccoglieva l'immagine delle antiche civiltà mesopotamiche ed arabe e conservava opere ed oggetti d'arte fino all'evo moderno, saccheggiato e spogliato delle sue inestimabili ricchezze. La guerra del petrolio non uccide solo civili (la maggior parte donne e bambini... minima è in confronto la percentuale dei militari che perdono la vita), ma anche la cultura, lo sappiamo.

Nel marzo 2004, l’Assessore all’Industria della Regione Siciliana Marina Noè emette un provvedimento con il quale autorizza quattro giganti del petrolio (i Golia americani della Panther Resources Corporation) ad effettuare ricerche di idrocarburi in quattro zone differenti della Sicilia.

Una di queste è il Val di Noto, uno dei lembi di terra più belli della Sicilia sud-orientale, talmente bella e culturalmente importante da diventare nel 2002, con otto sue città (inserite nella World Heritage List dell'UNESCO), Patrimonio dell'Umanità.

Le popolazioni del Val di Noto, costituitesi in Comitato, da due anni portano avanti, nell'indifferenza della stampa, una opposizione determinata al progetto di trivellazione del loro splendido territorio, un territorio che deve rimanere Patrimonio di tutti e non bottino di alcuni.

martedì, ottobre 03, 2006

La leggenda dei terabyte liberati


C'è chi dice (De Martin) che senza
Creative Commons adesso ci sarebbe una quantità straordinaria di terabyte di contenuti non condivisibili.

Non è vero:
1. molti contenuti sono nel pubblico dominio;
2. anche i contenuti sotto full-copyright sono oggetto di fair use/libera utilizzazione;
3. Internet è una rete: ciò significa che anche se non ho il diritto di copiare un contenuto posso sempre linkare ad esso;
4. chiunque vuole liberare le proprie opere può farlo mettendole a disposizione: non gli serve una licenza in legalese per esprimere la propria volontà, basta anche il gesto (è evidente che se pubblico un file per il downloading, consento al suo scaricamento) o un "fate quel che vi pare".

Con o senza Creative Commons la rete resta uno strumento di comunicazione e condivisione.

domenica, ottobre 01, 2006

Finanziaria 2007 e diritto d'autore

All'articolo 65 della legge 22 aprile 1941 n.633, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
"I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi fra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29".

Fino a che non saranno specificate le misure del compenso e le modalità di riscossione la norma resterà lettera morta.
Dobbiamo ancora conoscere tutte le eccezioni del caso.
L'unica che conosciamo è quella che fa riferimento ad un decreto (decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29) che è stato ABROGATO nel 2001.

Vi rendete conto della competenza del legislatore?

La vera storia di Creative Commons Italia

Proposi di aprire la lista community di Creative Commons Italia) perché esisteva una vera e propria comunità che lavorava alacremente alla costruzione del sito creativecommons.it ed utilizzava un wiki per edificare alla maniera delle formiche. C'era quindi il bisogno di avere una lista diversa da cc-it, in cui i commoners (espressione che io stesso volli utilizzare in quella che allora era la home page di creativecommons.it) potessero meglio coordinarsi.

Tutte queste persone, alcune delle quali sono ancora iscritte alla lista community, hanno dato un contributo fondamentale affinché CC avesse in Italia il successo che ha avuto; basta pensare al fatto che le liste di iCommons Italy erano di gran lunga le liste di CC più frequentate al mondo.

Ed il contributo venne ovviamente riconosciuto all'incontro nazionale del 2004 per bocca dello stesso De Martin (l'attuale public lead di Creative Commons Italia).
Nella stessa conferenza, Ricolfi (il legal lead), alla presenza dell'annuente Lessig, disse che le PI/AI (cioè Ricolfi, De Martin ecc.) avrebbero fatto un passo indietro (non un passo in avanti) nella nuova fase che si apriva: infatti, i commoners avrebbero dovuto indicare 3-5 persone (un numero dispari, affinché le decisioni potessero essere prese senza rischio di stalli) per trattare e coordinarsi direttamente con CC.org (Ricolfi fece anche tre o quattro nomi, tra i quali il mio).

Successivamente, vedendo che tra i commoners non regnava la pace, proposi a De Martin di ricoprire il ruolo di public lead. De Martin accettò e ci ringraziò. Ma attenzione: De Martin non accettò la mia proposta, ma quella che, coincidenzialmente, gli venne fatta pochi giorni dopo da CC.org.
Insomma: De Martin, come lui stesso ha tenuto più volte a precisare, è diventato public lead non per volontà dei commoners, ma per volontà di CC.org, che, evidentemente, non ha preso in alcuna considerazione quanto detto dal legal lead Ricolfi in presenza dello stesso annuente Lessig.
I commoners pensavano, e a ragion veduta e sentita, di essere una realtà ufficiale, con il potere di affidare un incarico e di toglierlo: invece, erano soltanto "autoproclamati rappresentati della comunità Creative Commons Italia" (testuali parole di De Martin in risposta alla richiesta delle sue dimissioni).

Dopo poco il sito dei commoners cambiò proprietà: il commoner De Tomasi, che mai si era opposto a De Martin e che indicò me e gli altri fuggitivi (che avrebbero dato vita a Scarichiamoli.org) come persone "poco democratiche", forse sperando di ricevere un trattamento migliore di quello riservato ai "resistenti", lo cedette ai signori di Torino, che cancellarono il sito precedente e ne crearono uno nuovo: quello che vedete oggi.

La nuova impostazione del sito è stata decisa da De Martin a colloquio con Joichi Ito (così appresi dalla viva voce di De Martin): un'area ufficiale e un'area commoners, liberi di scorrazzare nel loro "cimitero".

Perché parlo di "cimitero"?
Perché un wiki che non viene editato da 1 anno è mezzo (ossia da quando è stato riproposto, con i vecchi contenuti, sul nuovo sito) è un wiki "morto": è il chiaro segno di una comunità inattiva e in un certo senso "mortificata". Una comunità privata del senso della sua esistenza (il creare insieme) come si può pretendere che si metta all'opera?

Arriviamo alla discussione di questi giorni: De Martin ha cambiato il link alla pagina delle faq dei commoners: è stato, a mio avviso, un gesto molto brutto... quelle faq sono forse una delle poche "creazioni comuni" sopravvissute. Ma forse davano fastidio... stanno creando le faq ufficiali (da un anno e mezzo... devono essere proprio delle belle faq), perché tenere visibili le faq non ufficiali? Qualcuno si potrebbe confondere... E allora, malgrado le pagine dei commoners debbano essere gestite solo dai commoners e sono realtà separata da quella ufficiale (come De Martin stesso dice), De Martin che fa? Edita la pagina dei commoners dirottando sulle faq ufficiali e spiegando che, in fin dei conti, non è tenuto a dire esattamente quale fosse il problema strettamente tecnico che ha portato a quell'azione assolutamente arbitraria e irrispettosa nei confronti del lavoro altrui.

Credo che una comunità abbia diritto di vivere (e non di morire) o quantomeno il diritto di non essere presa in giro.