domenica, ottobre 01, 2006

La vera storia di Creative Commons Italia

Proposi di aprire la lista community di Creative Commons Italia) perché esisteva una vera e propria comunità che lavorava alacremente alla costruzione del sito creativecommons.it ed utilizzava un wiki per edificare alla maniera delle formiche. C'era quindi il bisogno di avere una lista diversa da cc-it, in cui i commoners (espressione che io stesso volli utilizzare in quella che allora era la home page di creativecommons.it) potessero meglio coordinarsi.

Tutte queste persone, alcune delle quali sono ancora iscritte alla lista community, hanno dato un contributo fondamentale affinché CC avesse in Italia il successo che ha avuto; basta pensare al fatto che le liste di iCommons Italy erano di gran lunga le liste di CC più frequentate al mondo.

Ed il contributo venne ovviamente riconosciuto all'incontro nazionale del 2004 per bocca dello stesso De Martin (l'attuale public lead di Creative Commons Italia).
Nella stessa conferenza, Ricolfi (il legal lead), alla presenza dell'annuente Lessig, disse che le PI/AI (cioè Ricolfi, De Martin ecc.) avrebbero fatto un passo indietro (non un passo in avanti) nella nuova fase che si apriva: infatti, i commoners avrebbero dovuto indicare 3-5 persone (un numero dispari, affinché le decisioni potessero essere prese senza rischio di stalli) per trattare e coordinarsi direttamente con CC.org (Ricolfi fece anche tre o quattro nomi, tra i quali il mio).

Successivamente, vedendo che tra i commoners non regnava la pace, proposi a De Martin di ricoprire il ruolo di public lead. De Martin accettò e ci ringraziò. Ma attenzione: De Martin non accettò la mia proposta, ma quella che, coincidenzialmente, gli venne fatta pochi giorni dopo da CC.org.
Insomma: De Martin, come lui stesso ha tenuto più volte a precisare, è diventato public lead non per volontà dei commoners, ma per volontà di CC.org, che, evidentemente, non ha preso in alcuna considerazione quanto detto dal legal lead Ricolfi in presenza dello stesso annuente Lessig.
I commoners pensavano, e a ragion veduta e sentita, di essere una realtà ufficiale, con il potere di affidare un incarico e di toglierlo: invece, erano soltanto "autoproclamati rappresentati della comunità Creative Commons Italia" (testuali parole di De Martin in risposta alla richiesta delle sue dimissioni).

Dopo poco il sito dei commoners cambiò proprietà: il commoner De Tomasi, che mai si era opposto a De Martin e che indicò me e gli altri fuggitivi (che avrebbero dato vita a Scarichiamoli.org) come persone "poco democratiche", forse sperando di ricevere un trattamento migliore di quello riservato ai "resistenti", lo cedette ai signori di Torino, che cancellarono il sito precedente e ne crearono uno nuovo: quello che vedete oggi.

La nuova impostazione del sito è stata decisa da De Martin a colloquio con Joichi Ito (così appresi dalla viva voce di De Martin): un'area ufficiale e un'area commoners, liberi di scorrazzare nel loro "cimitero".

Perché parlo di "cimitero"?
Perché un wiki che non viene editato da 1 anno è mezzo (ossia da quando è stato riproposto, con i vecchi contenuti, sul nuovo sito) è un wiki "morto": è il chiaro segno di una comunità inattiva e in un certo senso "mortificata". Una comunità privata del senso della sua esistenza (il creare insieme) come si può pretendere che si metta all'opera?

Arriviamo alla discussione di questi giorni: De Martin ha cambiato il link alla pagina delle faq dei commoners: è stato, a mio avviso, un gesto molto brutto... quelle faq sono forse una delle poche "creazioni comuni" sopravvissute. Ma forse davano fastidio... stanno creando le faq ufficiali (da un anno e mezzo... devono essere proprio delle belle faq), perché tenere visibili le faq non ufficiali? Qualcuno si potrebbe confondere... E allora, malgrado le pagine dei commoners debbano essere gestite solo dai commoners e sono realtà separata da quella ufficiale (come De Martin stesso dice), De Martin che fa? Edita la pagina dei commoners dirottando sulle faq ufficiali e spiegando che, in fin dei conti, non è tenuto a dire esattamente quale fosse il problema strettamente tecnico che ha portato a quell'azione assolutamente arbitraria e irrispettosa nei confronti del lavoro altrui.

Credo che una comunità abbia diritto di vivere (e non di morire) o quantomeno il diritto di non essere presa in giro.

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