venerdì, marzo 31, 2006

Radical scipp

Luca Nicotra (Rosa nel Pugno Pisa), ha pensato bene di copiare e incollare questo testo sul Wiki nel Pugno, il wiki con cui la Rosa nel Pugno va scrivendo il suo programma sulle libertà digitali (contiene varie scopiazzature dei contenuti presenti su scarichiamoli.org):

"Dopo avere visto il portale Internet Culturale, costato agli italiani 37,3 milioni di euro (7,1 milioni stanziati dal Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione e 30,2 milioni stanziati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali), abbiamo perso ogni certezza riguardo l'utilità della creazione di un portale culturale di Stato (anche perché la selezione dei contenuti potrebbe avvenire sulla base di scelte politiche) e questo argomento, quindi, non compare nel nostro manifesto. Preferiamo che le fonti siano molteplici (sistemi p2p, archivi di privati, associazioni, università, fondazioni... ) ed interoperabili. Scarichiamoli! auspica, invece, l'aumento dei canali attraverso i quali poter scaricare nella piena legalità qualsiasi tipo di contenuto informatico, e riteniamo che l'aumento di canali sicuri possa contribuire ad evitare l'inasprimento delle pene e l'aumento del controllo da parte dell'Autorità."

Tuttavia, Luca Nicotra ha editato il testo originario, eliminando qualche parola ed ogni riferimento a Scarichiamoli!:

"Dopo avere visto il portale Internet Culturale, costato agli italiani 37,3 milioni di euro, è lecito chiedersi l'utilità della creazione di un portale culturale di Stato (anche perché la selezione dei contenuti potrebbe avvenire sulla base di scelte politiche). Preferiamo che le fonti siano molteplici (sistemi p2p, archivi di privati, associazioni, università, fondazioni... ) ed interoperabili. Auspichiamo l'aumento dei canali attraverso i quali poter scaricare nella piena legalità qualsiasi tipo di contenuto informatico, e riteniamo che l'aumento di canali sicuri possa contribuire ad evitare l'inasprimento delle pene e l'aumento del controllo da parte dell'Autorità."

Pertanto, ho editato la pagina, inserendo i doverosi riferimenti a Scarichiamoli!

Poi un responsabile di Radio Radicale mi ha contattato per dirmi che, in realtà, non si tratta di scopiazzature, ma di programmi che i radicali portano avanti da anni in sede europea.

Benissimo: ma allora che bisogno hanno i radicali di copiare i contenuti di scarichiamoli.org?
Se si tratta di programmi che i radicali portano avanti da anni in sede europea, immagino che i radicali dispongano già di documenti, relazioni, disegni di legge... a cui attingere a piene mani
.

Fino a che i radicali non tireranno fuori queste carte, continuerò a parlare di radical scipp. :-)

mercoledì, marzo 29, 2006

Il DRM interoperabile ed aperto by CC

No, CC non sta per Creative Commons, bensì per Chiariglione e Cosenza (in foto). Questi due signori, che stanno lavorando al DRM open source, sostengono che esso sarebbe compatibile con le licenze Creative Commons in quanto tali licenze non sarebbero incompatibili con un DRM che impedisca ciò che le licenze non autorizzano.

I due signori, però (la cui cortesia e disponibilità al dialogo ho avuto modo di testare in due momenti diversi: quella di Chiariglione nell'intervista per
Scarichiamoli!; quella di Cosenza sulla mailing list della community di Creative Commons Italia... evito di mettere il link per non fare pubblicità alla maleducazione), non hanno ancora capito che applicare un DRM (libero o proprietario: è indifferente) ad un'opera rilasciata con CCPL è praticamente impossibile.

E' impossibile in quanto
le CCPL prevedono che il DRM non possa impedire non soltanto l'esercizio dei diritti "liberati", ma anche quelle che la legge italiana chiama libere utilizzazioni (artt. 65 - 71 octies della legge 22 aprile 1941 n. 633) e gli statunitensi chiamano fair use.

Più in particolare la
CCPL (non derivativa):

1. Vieta l'uso di
DRM in maniera incompatibile con i termini della licenza:

Non puoi distribuire, comunicare al pubblico, rappresentare, eseguire, recitare o esporre in pubblico l’Opera, neanche in forma digitale, usando misure tecnologiche miranti a controllare l’accesso all’Opera ovvero l’uso dell’Opera, in maniera incompatibile con i termini della presente Licenza.

2. Vieta la creazione di opere derivate,
purché ciò non limiti o restringa i diritti di libera utilizzazione:

La presente Licenza non intende in alcun modo ridurre, limitare o restringere alcun diritto di libera utilizzazione o l’operare della regola dell’esaurimento del diritto o altre limitazioni dei diritti esclusivi sull’Opera derivanti dalla legge sul diritto d’autore o da altre leggi applicabili.

Facciamo un esempio.

Tizio rilascia il suo libro con
CCPL non derivativa:
secondo i due signori suddetti, è applicabile al libro un
DRM che impedisca la modifica del libro stesso, in quanto la licenza vieta la creazione di opere derivate (modificare un'opera non significa creare un'opera derivata, ma lasciamo perdere).

I due signori avrebbero ragione se il DRM fosse dotato di intelligenza artificiale, ma, per nostra fortuna, il DRM non è così astuto. :-)

Siccome il DRM non è in grado di attivarsi o disattivarsi se si è rispettivamente in assenza o in presenza dell'esercizio di un diritto di libera utilizzazione (esempio: il riassunto, la sintesi, la citazione di parte del libro; ossia modifiche del testo) il DRM che impedisce la modifica del libro è incompatibile con la CCPL.

A questo punto proviamo a elencare le attività che potrebbero essere impedite da un DRM compatibile con una CCPL:
- non la copia (perché tutte le CCPL la autorizzano);
- non la modifica (in base a quello che abbiamo spiegato);
- non la fruizione illimitata nel tempo (perché nessuna CCPL prevede come conditio sine qua non la fruizione limitata nel tempo);
- non la fruizione a titolo gratuito (
perché nessuna CCPL prevede come conditio sine qua non la fruizione a titolo oneroso).

Pertanto, l'unico tipo di DRM compatibile con una CCPL è un DRM privo di ogni utile funzionalità.

L'unico modo per avvalorare l'ipotesi dell'applicazione di un DRM ad un'opera rilasciata con CCPL è quello di far ricorso a quella scappatoia (utilizzata anche dalla legge: quarto comma dell'art. 71 sexies della legge 22 aprile 1941 n. 633 [1]) rappresentata dalla copia analogica.

Se la copia analogica è possibile (e in realtà è sempre possibile), allora nessun DRM (libero o proprietario) potrà mai impedire qualcosa: perché, effettuata la copia analogica, sarà poi possibile procedere con nuove copie, modificare le copie, fruire delle copie per un tempo indeterminato e senza oneri.

[1] Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.

sabato, marzo 25, 2006

Softwareliberisti allo sbaraglio

Il 18 marzo, presso l'aula magna Giovanni Agnelli del Politecnico di Torino si è tenuta la conferenza organizzata da Free Software Foundation Europe (in collaborazione con Netstudent e Hipatia) sul processo di evoluzione della licenza GPLv3 (presente anche Stallman).

Nella foto i softwareliberisti
Stefano Maffulli (FSFE) ed Arturo Di Corinto (Il Secolo della Rete).

Cliccate sulla foto per ingrandirla: notate nulla di strano?
Ma sì, è proprio
il desktop di Windows! E il file nel riquadro si chiama "FLOSS.ppt" (FLOSS è l'acronimo di Free / Libre / Open Source Software): dunque, il software libero è stato presentato su piattaforma proprietaria, e la stessa presentazione è stata creata e mostrata con un programma proprietario come PowerPoint! :-)

mercoledì, marzo 22, 2006

Pacco SIAE: un esempio pratico

Nel post precedente abbiamo chiarito che il deposito dell'opera inedita presso la SIAE perde il suo valore probatorio (con effetto retroattivo) se il plico viene aperto (è come se il deposito non fosse mai avvenuto).

Questo dato non secondario (ma non specificato nelle f.a.q. del sito
siae.it) mi è stato confermato proprio oggi dagli Uffici SIAE da me contattati.

Poniamo allora un semplice caso (uno dei tanti):

marzo 2006
Tizio deposita in SIAE le sue canzoni.

giugno 2008
Caio deposita in SIAE le sue canzoni (assomigliano tantissimo alle canzoni di Tizio).

settembre 2009
Tizio cita in giudizio Caio per plagio (oggetto: il testo della canzone
Terra e mare) e produce il plico depositato in SIAE (nel marzo 2006). Il giudice apre il plico ed infine emette sentenza*: Tizio ha ragione, il testo è di Tizio.

ottobre 2009
Tizio deposita nuovamente le sue canzoni in SIAE, perché il plico è stato aperto (dal giudice) e le sue canzoni sono rimaste "scoperte".

novembre 2010
Caio cita in giudizio Tizio per plagio (oggetto: testi e musiche di varie canzoni) e produce il plico depositato in SIAE (nel giugno del 2008).
Anche Tizio produce il plico depositato in SIAE (nell'ottobre del 2009).
Il giudice emette sentenza*: Caio ha ragione, in quanto il plico prodotto da Caio ha data certa anteriore.
A Tizio viene però riconosciuta la paternità del testo della canzone
Terra e mare (sulla base di una sentenza del settembre 2009): la paternità della parte musicale della stessa canzone viene invece attribuita a Caio.

Che bella soddisfazione per Tizio. :-)


* Per comodità espositiva ho azzerato i tempi della giustizia.

martedì, marzo 21, 2006

Pacco SIAE

Dal sito siae.it:

Le opere consegnate alla SIAE come inedite vengono chiuse in un plico sigillato sul quale viene indicata la data di decorrenza del deposito. Il plico può essere aperto solo su decisione di un giudice (quando c'è una controversia sulla titolarità dei diritti sull'opera) oppure su richiesta del depositante (o dei suoi rappresentanti, se questi decide di rinunciare al deposito per riprendere possesso dell'opera). Si deve però tener presente che, una volta aperto il plico sigillato, si perde il valore probatorio del deposito SIAE.

Due osservazioni:
1. Il valore probatorio del plico aperto viene meno con
effetto retroattivo (è come se l'opera non fosse mai stata depositata).
2. Depositare più opere contemporaneamente è altamente sconsigliato (perché, se il plico viene aperto, viene meno la tutela cautelare su
tutte le opere ivi contenute).

Questi ed altri problemi (dalla datazione delle versioni più recenti dell'opera ai 110 euro da versare ogni 5 anni per il deposito e il suo rinnovo) non si pongono con Copyzero e Copyzero on-line.

Fate la vostra scelta. ;-)

lunedì, marzo 13, 2006

Le banche del tempo

L'art. 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53 ha introdotto la figura della Banca del Tempo. [1]
Così, in questi ultimi anni si stanno diffondendo anche in Italia, a livello locale, le banche del tempo. Esse sono esempi concreti di quell'economia del dono di cui parla Alain Caillé nel suo saggio (bellissimo: vi consiglio di leggerlo) Il terzo paradigma [2], oppure Jacques T. Godbout in Lo spirito del dono [3].

La Banca del Tempo è un sistema in cui le persone scambiano reciprocamente attività, servizi e saperi.
Parte dall'idea che è possibile uno scambio paritario fondato sul fatto che gli individui sono portatori di bisogni ma anche di risorse.
La banca del tempo propone di dare valore e organizzazione a ciò che esiste nella comunità come forma di auto aiuto tra le persone.
Il tipo di prestazione oggetto degli scambi permette alla banca del tempo di essere un'associazione libera da vincoli morali, etici o anche solo affettivi.
Ad esempio non è ammessa la tradizionale assistenza e cura alle persone e non è richiesto neppure un volontariato attivo come accade ad esempio nelle associazioni ambientaliste. [4]

Come funziona:
- Chi aderisce specifica quali attività e/o servizi intende svolgere, accende un proprio conto corrente, al posto degli euro, si depositano ore.
- Chi ha offerto un servizio acquisirà un credito di ore e sarà in grado di spenderle ricevendo altri servizi.
- Nella Banca del Tempo non è necessario restituire un servizio esattamente a colui che l'ha fornito: è un sistema aperto e non si contraggono debiti con qualcuno in particolare.
- La Banca del Tempo si basa sullo scambio, cioè si dà per ricevere, si chiede tempo per restituirlo, infatti il proprio conto corrente deve tendere ad avere saldo zero.
- Il tempo è l'unità di misura: il valore della prestazione è determinata dal tempo impiegato nello scambio (tutti gli aderenti sono uguali tra loro).
- Un'ora è sempre un'ora indipendentemente dall'età, dalla scolarità, dal ceto sociale di chi l'ha scambiata ed indipendentemente dal tipo di prestazione offerta/richiesta. [4]


[1] Art. 27 (Banche dei tempi).

1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate "banche dei tempi".

2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresí aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.


[2] Nell'economia classica, con un approccio condiviso anche da Marx, si sostiene che beni e servizi da un lato hanno un valore determonato dai bisogni che riescono a soddisfare (valore d'uso), dall'altro valgono in base alla quantità di denaro o di altri beni e servizi che si riescono ad acquistare (valore di scambio). Se accettiamo il terzo paradigma, dobbiamo allora aggiungere che esiste un altro tipo di valore, quello legato alla capacità che beni e servizi, se donati, hanno di creare e riprodurre relazioni sociali: un valore che potrebbe essere chiamato valore di legame, in quanto, con tale approccio, il legame diventa più importante del bene stesso.


[3] Definiamo dono ogni prestazione di beni o servizi effettuata, senza garanzia di restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il legame sociale tra le persone.


[4] Informazioni tratte dal sito della Banca del Tempo dell'Isola d'Elba.

venerdì, marzo 10, 2006

A quell'abate col barbone...

... che va in giro a dire che oggi le grandi battaglie saranno quelle contro il copyright... che parla di gratuità del sapere, di libera condivisione della conoscenza, di licenze open content, di copyleft... a quell'abate megalomane che pensa di essere censurato dalla Cina e si paragona al Dalai Lama, a quell'abate che si batte per le energie pulite e ha un parco macchine strepitoso, a quell'abate che si arrabbia, se gli dicono che anche lui è uno di quelli che gira con la bella barca, e che risponde: Non è vero, non ce l'ho la barca, l'ho avuta fino a poco tempo fa ma l'ho venduta!, a quell'abate che dice: Io non ho denunciato nessun ragazzino, è stato il mio avvocato a far valere i miei legittimi interessi!, a quell'abate che ricorda sempre di avere uno dei blog più visitati del mondo, mentre invece ha soltanto uno dei blog più visitati di Technocrati (basta vedere il numero dei commenti in inglese per rendersene conto), a quell'abate che parla come un abate e poi si affida a Casaleggio Associati, a quell'abate milionario che chiede i nostri soldi per comprare le pagine dei quotidiani, a quell'abate che fino a poco tempo fa distruggeva i computer e adesso ne esalta le proprietà miracolose... a quell'abate qualcuno ha fatto notare che predica in un modo e razzola in un altro.

E quell'abate (non lo nomino per evitare che i motori di ricerca mi mandino qui i suoi chierichetti) che cosa ha risposto? Nulla: fa finta di non aver sentito.

I problemi del mondo sono conoscibili da chiunque, basta avere la voglia di informarsi.
E chi si informa con spirito critico e indipendente non ha bisogno di essere imbeccato da un comico-profeta-milionario.

Per citare l'abate:
ma perché ci facciamo prendere per il culo così?

venerdì, marzo 03, 2006

Scarichiamoli! intervista Wikipedia

Qualcuno mi ha fatto notare che questa intervista sarebbe incoerente con l'opinione che io ho di Wikipedia (nota: non sono io l'intervistato). Siccome non mi ritengo infallibile, ma al tempo stesso non ho nulla da nascondere, sottopongo "il caso" a tutti i lettori del mio blog.

Ma, nel giudicare, tenete presente alcune cose:
- io non sono
Scarichiamoli! (e Scarichiamoli! non ha mai avuto alcun problema personale con gli amministratori di Wikipedia);
-
Scarichiamoli!, nelle sue interviste (soprattutto nelle interviste relative a progetti), non ha mai processato nessuno, ma ha sempre cercato di porre domande neutrali (del tipo: che cos'è questo progetto? come funziona? come si può contribuire al progetto?);
- io non posso anteporre le mie questioni private agli interessi di
Scarichiamoli!;
- ci sono persone, come Sergio Messina, che mi hanno insultato pubblicamente, ma che hanno comunque avuto la loro bella intervista su
Scarichiamoli! (a dimostrazione dell'assenza di collegamento tra le mie vicende personali e Scarichiamoli!);
- quello che penso di
Wikipedia l'ho sempre detto e continuo a dirlo là dove posso farlo: sul mio blog, sulle varie liste di discussione e anche su Wikipedia (le mie liti furibonde sono ancora tutte lì).

Premesso questo, vi domando: secondo voi, l'intervista è una di quelle interviste che si limita a dare spolvero a
Wikipedia o che cerca di capire come funziona Wikipedia?
Come viene garantita la neutralità degli articoli? Vi sembra una domanda di comodo?
La risposta è stata:
Non c'è una garanzia vera e propria...
Vi sembra una risposta scontata?

Ma attenzione al grassetto;
struttura assolutamente orizzontale e acefala... e poco sotto:
- utenti non registrati (non possono rinominare le pagine né caricare immagini);
- bot (programmi automatici che girano su Wikipedia per effettuare della manutenzione);
- amministratori (utenti che possono bloccare o cancellare pagine e bloccare utenti);
- burocrati (degli amministratori con la facoltà di creare gli amministratori e di rinominare gli utenti, hanno come "giurisdizione" un singolo progetto Wikimedia);
- steward (delle figure che agiscono come burocrati in tutti i progetti Wikimedia);
- sviluppatori (quelli che scrivono il software di Wikipedia, gestiscono i server, ecc.).

Meno male che la struttura è assolutamente orizzontale e acefala! :-)

E che dire del titolo dell'intervista?
Wikipedia: l'enciclopedia "libera".
Le virgolette hanno un significato oppure no?

Credo che sia con l'obiettività che debba essere ricercata la verità e credo che in quell'intervista emergano con tutta evidenza quelle stesse contraddizioni che ho più volte sottolineato con le mie personalissime critiche.
Come sempre ho detto,
Wikipedia è, nei suoi scopi, una bellissima iniziativa: il problema è la sua struttura gerarchica. Per questo ho sempre preferito Anarchopedia. Ma "preferisco Anarchopedia" posso dirlo io, non "Scarichiamoli!", che, del resto, un'intervista ad Anarchopedia non l'ha mai fatta.

giovedì, marzo 02, 2006

Quel sorrisetto un po' così

Secondo Antonio J. Russo (progetto FUSS) il cancelliere di FSFE(I) Stefano Maffulli (in foto) negherebbe di proposito visibilità al progetto FUSS (uno dei più importanti progetti italiani relativi al software libero) per questioni personali, anteponendo gli interessi propri a quelli della comunità.

Lo si apprende in questa dichiarazione, pubblicata ieri sulla lista di
AsSoLi:
Qualche giorno fa ho chiesto pubblicamente a FSFE di diffondere attraverso i suoi mezzi il progetto F.U.S.S.

Il cancelliere italiano Stefano Maffulli, dopo uno scambio di mail, ha dato una risposta negativa argomentando: "Comunque tengo a sottolineare che FSFE non ha mai dato sostegno a progetti che non controlli direttamente o per mezzo di organizzazioni associate".

Maffulli non ha detto la verità.


Oggi, per caso, sono caduto in questa pagina, nella quale FSFE da visibilità ad alcune associazioni fra le quali:
- Il progetto Open Source in Education (OSiE) supporta e sostiene l'uso di sistemi GNU/Linux nel Regno Unito. Si noti che OSIE utilizza il termine "Open Source", che invece noi evitiamo di usare, per vari motivi.
- La Latvian Open Source Association (LAKA) aiuta anche le scuole promuovendo l'uso di GNU/Linux. Si noti che LAKA utilizza il termine "Open Source", che invece noi evitiamo di usare, per vari motivi.
- Freie Software und Bildung e.V. (FSuB e.V., Associazione per il Software Libero e l'Educazione) promuove l'uso di sistemi GNU/Linux nelle scuole tedesche. Per favore, notate che FSuB e.V. accetta l'uso di software proprietario su piattaforme libere, una posizione sulla quale noi siamo in forte disaccordo.

FSFE preferisce dare visibilità a due progetti che parlano di open source e uno che addiritura promuove l'uso di software proprietario e decide di non parlare di un progetto che si chiama Free Upgrade in Southtyrol's Schools, promosso, sostenuto e finanziato da una Pubblica Amministrazione.
Ho il legittimo sospetto che il signor Maffulli abbia un problema personale nei miei confronti, ma questo non è motivo per negare visibilità ad un progetto che ha diffuso con successo l'utilizzo del software libero in 83 scuole.