Domani migliaia di opere cadono nel pubblico dominio e c'è già chi, come COMMUNIA, invita a condividerle in rete e fuori dalla rete, senza però specificare nel disclaimer la cosa più importante: fate attenzione a condividere soltanto ciò che cadrà nel pubblico dominio.
Chiedetevi, ad esempio, perché i materiali che trovate su Liber Liber, relativi ad opere nel pubblico dominio, sono rilasciati con una licenza e, dunque, non sono nel pubblico dominio.
Una cosa è il contenuto e una cosa è il contenente (che però è tutt'uno con il contenuto!).
Una cosa è un brano musicale e una cosa è la registrazione dell'esecuzione del brano stesso.
Il contenente è assai spesso sotto fullcopyright e questo vincola inevitabilmente anche il contenuto.
Quindi, domani, evitate di condividere "alla cieca": prima di scannerizzare i libri, grabbare i cd... assicuratevi di poterlo fare (mi riferisco anche alle misure tecnologiche di protezione, che comunque non si devono aggirare).
Questo, a mio avviso, è il disclaimer più importante e tristemente significativo (considerando anche la tendenza all'allungamento dei diritti connessi).
Ci sarebbe addirittura da scrivere un HowTo (dal titolo apparentemente paradossale: come condividere le opere nel pubblico dominio senza violare il copyright).
Buon anno a tutti.
giovedì, dicembre 31, 2009
giovedì, novembre 12, 2009
Perché una licenza copyleft è meglio del pubblico dominio
Su Wikipedia è scritto:
Se Raoul Vaneigem avesse rilasciato le sue opere con licenza open content con clausola copyleft, i traduttori sarebbero stati obbligati a rilasciare le opere derivate (ossia le traduzioni) sotto la stessa licenza o licenza analoga ed oggi tutti potrebbero fruire liberamente le opere di Vaineigem.
Ecco, dunque, cosa è possibile leggere, ad esempio, su una traduzione in inglese di Storia disinvolta del surrealismo:
La frase tipica sulle pubblicazioni di Vaneigem è la seguente: Poiché persistiamo nella nostra inimicizia verso le regole della proprietà, ancorché intellettuale, questo testo non è sottoposto ad alcun copyright, sicché è riproducibile ovunque, anche senza citare la fonte. Anche per questo motivo è possibile scaricare integralmente diverse opere di Vaneigem da Internet, in francese o in traduzione nelle principali lingue.Al di là del fatto che anche la donazione al pubblico dominio presuppone la titolarità di diritti esclusivi (Vaneigem decide che l'opera sarà nel pubblico dominio, dunque Vaneigem implicitamente si dichiara detentore di quegli stessi diritti esclusivi di cui non riconosce l'esistenza), le cose stanno davvero come le descrive Wikipedia? No. Proprio perché questo antesignano dell'open content ha donato i suoi libri al pubblico dominio, gli autori delle traduzioni dei suoi testi diventano titolari di diritti esclusivi sulle stesse. E non tutti i traduttori hanno lo stesso spirito libertario di Vaneigem.
Se Raoul Vaneigem avesse rilasciato le sue opere con licenza open content con clausola copyleft, i traduttori sarebbero stati obbligati a rilasciare le opere derivate (ossia le traduzioni) sotto la stessa licenza o licenza analoga ed oggi tutti potrebbero fruire liberamente le opere di Vaineigem.
Ecco, dunque, cosa è possibile leggere, ad esempio, su una traduzione in inglese di Storia disinvolta del surrealismo:
domenica, ottobre 18, 2009
Senza file sharing si emerge!
In questo filmato presentato da A.F.I., P.M.I. e F.I.M.I., la cantante Francesca Xefteris racconta come il suo gruppo (i Greenwich) sia riuscito a "fare il botto", emergendo tra migliaia di altri gruppi musicali.
Francesca ci ricorda che il file sharing uccide gli artisti emergenti, artisti come i Greenwich, che - a suo dire - non sono fatti per i reality.
La stessa Francesca, tuttavia, si presenta alle selezioni di X Factor 3 e, tra migliaia di altri giovani (molti dei quali ben più dotati di lei), riesce comunque ad emergere (o a riemergere). Altrimenti che emergente sarebbe?
Emerge, emerge... ma ad un tratto la selezionatrice e discografica Mara Maionchi le dice: "No". Poi, accade una cosa che ad X Factor non si era mai vista: la cantante, eliminata, viene ascoltata nuovamente e viene promossa.
Continua l'emersione di Francesca anche nelle selezioni successive... emerge, emerge... e finisce sul palco di X Factor.
Il pubblico la manda due volte a rischio di eliminazione, ma Mara Maionchi puntualmente la salva (a dispetto della considerazione che sembra avere per la ragazza).
Questa è, per il momento, la storia di Francesca Xefteris (in arte Sofia), artista emergente che, ancora una volta, ci fa capire cosa significa avere l'X Factor.
Francesca ci ricorda che il file sharing uccide gli artisti emergenti, artisti come i Greenwich, che - a suo dire - non sono fatti per i reality.
La stessa Francesca, tuttavia, si presenta alle selezioni di X Factor 3 e, tra migliaia di altri giovani (molti dei quali ben più dotati di lei), riesce comunque ad emergere (o a riemergere). Altrimenti che emergente sarebbe?
Emerge, emerge... ma ad un tratto la selezionatrice e discografica Mara Maionchi le dice: "No". Poi, accade una cosa che ad X Factor non si era mai vista: la cantante, eliminata, viene ascoltata nuovamente e viene promossa.
Continua l'emersione di Francesca anche nelle selezioni successive... emerge, emerge... e finisce sul palco di X Factor.
Il pubblico la manda due volte a rischio di eliminazione, ma Mara Maionchi puntualmente la salva (a dispetto della considerazione che sembra avere per la ragazza).
Questa è, per il momento, la storia di Francesca Xefteris (in arte Sofia), artista emergente che, ancora una volta, ci fa capire cosa significa avere l'X Factor.
venerdì, ottobre 02, 2009
lunedì, settembre 28, 2009
Una perla giuridica by Hacker Journal
Sul n° 185 dell'Hacker Journal trovate un articolo su Total Recall (software per la registrazione delle telefonate su cellulare) firmato da Massimiliano Brasile.
Al termine dell'articolo trovate le seguenti note Note legali:
L'utilizzo di un software come TR, in Italia, è al limite della legalità mentre negli Stati Uniti dov'è sviluppato c'è maggiore flessibilità. Per poterlo utilizzare dovremmo avvisare prima il nostro interlocutore che stiamo registrando la telefonata in corso (così come fanno i numeri verdi dell'assistenza clienti delle carte di credito ad esempio) per non incorrere in un vero e proprio reato. Dall'inizio del 1998 infatti la legge dichiara che è esente da pena soltanto chi registra chiamate d'emergenza a scopo d'assistenza, di salvataggio e di sicurezza. Può quindi essere autorizzato a non avvisare della registrazione solo il cittadino che riceve chiamate ad esempio moleste (ottimo quindi per difendersi dai casi di stalking), ma negli altri casi è bene avvisare. Infatti tali registrazioni possono essere acquisite in eventuali processi e avere valenze penali. Inoltre far utilizzare un terminale con TR attivo in modalità nascosta a un ignaro utente è espressamente vietato perché è equiparato a un'intercettazione abusiva (vedi http://www.avvocatotornielli.it/page20b.html).
Quindi attenzione: TR è un tool che sa fare davvero bene il suo mestiere, ma va usato con estrema cautela.
Cosa c'è di vero e cosa c'è di falso in queste "note legali"?
Partiamo dal vero:
Chiunque fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. (primo comma dell'art. 617 c.p.).
Chiunque fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni. (primo comma dell'art. 617-bis c.p.).
Soltanto l'autorità giudiziaria può legittimamente intercettare (peraltro con precisi limiti di ammissibilità: art. 266 c.p.p.) conversazioni o comunicazioni.
Pertanto, la parte in verde è vera.
Adesso vediamo cosa è falso: praticamente tutto il resto.
Non sussiste alcun obbligo di avvisare il nostro interlocutore, dato che non stiamo effettuando una intercettazione ma una semplice registrazione (assolutamente legittima): registrare la conversazione tra noi e il nostro interlocutore non integra le fattispecie di cui agli artt. 617 e 617-bis c.p.
Nelle "note lagali" rileviamo, a tal proposito, anche una palese contraddizione: se la registrazione senza preavviso della conversazione tra noi e il nostro interlocutore fosse illegale, la stessa registrazione non sarebbe producibile in giudizio come prova (documentale). Si tratterebbe di prova acquisita illegittimamente e dunque non utilizzabile.
Ma la vera perla è la citazione della legge che dall'inizio del 1998 dichiarerebbe che è esente da pena soltanto chi registra chiamate d'emergenza a scopo d'assistenza, di salvataggio e di sicurezza.
Esiste davvero questa legge? Certo, in Svizzera! :-D
Nota sulle "note legali"
Quando si scrivono delle note legali, bisogna essere sicuri di ciò che si afferma e bisogna essere molto precisi, anche nei riferimenti normativi. Altrimenti, è meglio evitare di scriverle.
Al termine dell'articolo trovate le seguenti note Note legali:
L'utilizzo di un software come TR, in Italia, è al limite della legalità mentre negli Stati Uniti dov'è sviluppato c'è maggiore flessibilità. Per poterlo utilizzare dovremmo avvisare prima il nostro interlocutore che stiamo registrando la telefonata in corso (così come fanno i numeri verdi dell'assistenza clienti delle carte di credito ad esempio) per non incorrere in un vero e proprio reato. Dall'inizio del 1998 infatti la legge dichiara che è esente da pena soltanto chi registra chiamate d'emergenza a scopo d'assistenza, di salvataggio e di sicurezza. Può quindi essere autorizzato a non avvisare della registrazione solo il cittadino che riceve chiamate ad esempio moleste (ottimo quindi per difendersi dai casi di stalking), ma negli altri casi è bene avvisare. Infatti tali registrazioni possono essere acquisite in eventuali processi e avere valenze penali. Inoltre far utilizzare un terminale con TR attivo in modalità nascosta a un ignaro utente è espressamente vietato perché è equiparato a un'intercettazione abusiva (vedi http://www.avvocatotornielli.it/page20b.html).
Quindi attenzione: TR è un tool che sa fare davvero bene il suo mestiere, ma va usato con estrema cautela.
Cosa c'è di vero e cosa c'è di falso in queste "note legali"?
Partiamo dal vero:
Chiunque fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. (primo comma dell'art. 617 c.p.).
Chiunque fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni. (primo comma dell'art. 617-bis c.p.).
Soltanto l'autorità giudiziaria può legittimamente intercettare (peraltro con precisi limiti di ammissibilità: art. 266 c.p.p.) conversazioni o comunicazioni.
Pertanto, la parte in verde è vera.
Adesso vediamo cosa è falso: praticamente tutto il resto.
Non sussiste alcun obbligo di avvisare il nostro interlocutore, dato che non stiamo effettuando una intercettazione ma una semplice registrazione (assolutamente legittima): registrare la conversazione tra noi e il nostro interlocutore non integra le fattispecie di cui agli artt. 617 e 617-bis c.p.
Nelle "note lagali" rileviamo, a tal proposito, anche una palese contraddizione: se la registrazione senza preavviso della conversazione tra noi e il nostro interlocutore fosse illegale, la stessa registrazione non sarebbe producibile in giudizio come prova (documentale). Si tratterebbe di prova acquisita illegittimamente e dunque non utilizzabile.
Ma la vera perla è la citazione della legge che dall'inizio del 1998 dichiarerebbe che è esente da pena soltanto chi registra chiamate d'emergenza a scopo d'assistenza, di salvataggio e di sicurezza.
Esiste davvero questa legge? Certo, in Svizzera! :-D
Nota sulle "note legali"
Quando si scrivono delle note legali, bisogna essere sicuri di ciò che si afferma e bisogna essere molto precisi, anche nei riferimenti normativi. Altrimenti, è meglio evitare di scriverle.
martedì, settembre 22, 2009
Luca Neri non ci sta
I pirati italiani volevano il loro profeta e hanno avuto Luca Neri: perfetta applicazione della legge (consumistica) del contrappasso. Questo abbiamo detto... in tanti.
Ma Luca Neri non ci sta: raccoglie le critiche e le rispedisce ai mittenti (tra i quali indica anche questo blog).
Tuttavia, sembra che Neri non abbia ben capito il senso delle critiche che gli sono state rivolte.
Non gli è stato detto che rilasciando il libro sotto full-copyright avrebbe guadagnato milioni di euro, ma che era del tutto evidente il fatto che il sito no-copyright.net, la Festa dei Pirati ecc. fossero una squallida (e aggiungiamo pure misera, se proprio Neri ci tiene) operazione commerciale ed autopromozionale. La strumentalizzazione di un fenomeno sociale e politico.
Neri ricorda che del libro esiste anche un'edizione pirata: e dunque? Tutti i libri full-copyright hanno un'edizione pirata. E' proprio la scelta del full-copyright (non la pirateria) a creare l'illegalità e la repressione. Si può guadagnare ed avere successo anche senza full-copyright, dunque, anche senza incatenare chi scarica liberamente alla commissione dell'illecito.
Non è poi questione di denaro nemmeno quella relativa alla licenza.
I libri sulla deforestazione stampati su carta patinata danno fastidio agli ecologisti (indipendentemente dal loro costo); le Feste del Verde organizzate per promuovere un libro stampato su carta patinata, danno fastidio agli ecologisti; le magliette e le sciarpe del WWF indossate dai cacciatori, fanno ridere gli ecologisti... occorre andare avanti con le "sottili" metafore o il concetto è chiaro? Nel mondo esistono anche gli "ecologisti" e la loro coerenza (che non è una sorta di integralismo religioso, ma, semplicemente, banalmente, tautologicamente coerenza): consiglio a Neri di farsene una ragione.
Ma Luca Neri non ci sta: raccoglie le critiche e le rispedisce ai mittenti (tra i quali indica anche questo blog).
Tuttavia, sembra che Neri non abbia ben capito il senso delle critiche che gli sono state rivolte.
Non gli è stato detto che rilasciando il libro sotto full-copyright avrebbe guadagnato milioni di euro, ma che era del tutto evidente il fatto che il sito no-copyright.net, la Festa dei Pirati ecc. fossero una squallida (e aggiungiamo pure misera, se proprio Neri ci tiene) operazione commerciale ed autopromozionale. La strumentalizzazione di un fenomeno sociale e politico.
Neri ricorda che del libro esiste anche un'edizione pirata: e dunque? Tutti i libri full-copyright hanno un'edizione pirata. E' proprio la scelta del full-copyright (non la pirateria) a creare l'illegalità e la repressione. Si può guadagnare ed avere successo anche senza full-copyright, dunque, anche senza incatenare chi scarica liberamente alla commissione dell'illecito.
Non è poi questione di denaro nemmeno quella relativa alla licenza.
I libri sulla deforestazione stampati su carta patinata danno fastidio agli ecologisti (indipendentemente dal loro costo); le Feste del Verde organizzate per promuovere un libro stampato su carta patinata, danno fastidio agli ecologisti; le magliette e le sciarpe del WWF indossate dai cacciatori, fanno ridere gli ecologisti... occorre andare avanti con le "sottili" metafore o il concetto è chiaro? Nel mondo esistono anche gli "ecologisti" e la loro coerenza (che non è una sorta di integralismo religioso, ma, semplicemente, banalmente, tautologicamente coerenza): consiglio a Neri di farsene una ragione.
sabato, settembre 19, 2009
In nome del popolo delle multinazionali: una sentenza sulla copia privata
Leggo su ilsole24ore.com questa sentenza del Tribunale di Milano e non posso non rabbrividire davanti alla sudditanza psicologica che le multinazionali possono vantare anche nelle sedi giudiziali.
Il caso in breve: misure tecnologiche di protezione vs copia privata; Tizio acquista un DVD di cui non è possibile fare una copia privata; dunque, chiede riparazione e risarcimento danni al produttore.
Il dispositivo chiave è il testo dell'art. 71-sexies LdA:
1. E' consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater.
2. La riproduzione di cui al comma 1 non può essere effettuata da terzi. La prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale costituisce attività di riproduzione soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica alle opere o ai materiali protetti messi a disposizione dei pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, quando l'opera è protetta dalle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater ovvero quando l'accesso è consentito sulla base di accordi contrattuali.
4. Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.
Il giudice respinge la richiesta di parte attrice perché il sistema di protezione non consente di eseguire una singola copia dell'opera, anche in formato analogico, in quanto all'epoca in cui il supporto è stato acquistato dall'attore (2004) non esistevano sistemi di protezione che tecnicamente consentissero tale possibilità.
Siccome l'alternativa del produttore era tra applicare una TPM che non consentisse copie o rinunciare ad applicare una TPM (con pregiudizio allo sfruttamento normale dell'opera di cui al comma 4 art. cit.) allora l'aver impedito la copia privata è, secondo il giudice, legittimo.
La suddetta motivazione desta qualche perplessità.
Fondamentale è distinguere tra copia privata e copia di riserva.
Il diritto alla copia privata è un diritto alla riproduzione che tu acquisti dopo avere pagato l'equo compenso (che dovrebbe tenere conto, in base all'EUCD, dell'apposizione o meno di misure tecnologiche di protezione; invece, l'equo compenso, in Italia, non è stato calcolato tenendo conto di questo aspetto: grossa lacuna): posso tenere un cd in auto ed uno in casa ed utilizzare entrambi contemporaneamente.
Il diritto alla copia di riserva, invece, lo hai per il semplice fatto di avere acquistato un prodotto digitale (un software) contenuto in un supporto che si può deteriorare facilmente (non entra il gioco l'EUCD su questo) ed ha lo scopo di preservare l'integrità di ciò che si è acquistato: è una copia che si fa e si mette da parte.
La giurisprudenza (sentenze 1769/97 della Pretura di Pescara e 11581/01 della Corte d'appello dell'Aquila) ha da tempo esteso analogicamente il vigore dell'art. 64-ter LdA (che riguarda la copia di riserva e che non parla di sfruttamento normale dell'opera: [...] Non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l'uso. [...]) anche agli audiovisivi.
Questo significa che:
1. la copia di riserva degli audiovisivi deve essere sempre possibile;
2. trattandosi di copia atta a preservare l'integrità dell'acquistato, se l'originale sta su digitale, la copia di riserva non può che essere digitale (un film in dvd costa quasi il doppio di un film il vhs perché oltre alla qualità digitale puoi anche disporre di tutte le funzionalità messe a disposizione dal dvd: cambio lingua, selezione scene, backstage... ): tu consumatore paghi quella qualità e quelle funzionalità e hai il diritto (a cui non puoi rinunciare nemmeno per contratto) di preservarle (indefinitamente).
Pertanto, l'attore, a mio modo di vedere, aveva tutto il diritto di fare una copia di riserva (copia digitale) del dvd:
1. in qualsiasi momento dopo l'acquisto;
2. ogni volta che il dvd in uso fosse diventato inutilizzabile.
Il concetto è semplice e presuppone una piccola dose di buon senso (peraltro il menù di un dvd è un software, non un audiovisivo). Ma il buon senso, anche quando è stato solcato dalla giurisprudenza, quasi mai tende a trovare spazio davanti alle multinazionali.
Il caso in breve: misure tecnologiche di protezione vs copia privata; Tizio acquista un DVD di cui non è possibile fare una copia privata; dunque, chiede riparazione e risarcimento danni al produttore.
Il dispositivo chiave è il testo dell'art. 71-sexies LdA:
1. E' consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater.
2. La riproduzione di cui al comma 1 non può essere effettuata da terzi. La prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale costituisce attività di riproduzione soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica alle opere o ai materiali protetti messi a disposizione dei pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, quando l'opera è protetta dalle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater ovvero quando l'accesso è consentito sulla base di accordi contrattuali.
4. Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.
Il giudice respinge la richiesta di parte attrice perché il sistema di protezione non consente di eseguire una singola copia dell'opera, anche in formato analogico, in quanto all'epoca in cui il supporto è stato acquistato dall'attore (2004) non esistevano sistemi di protezione che tecnicamente consentissero tale possibilità.
Siccome l'alternativa del produttore era tra applicare una TPM che non consentisse copie o rinunciare ad applicare una TPM (con pregiudizio allo sfruttamento normale dell'opera di cui al comma 4 art. cit.) allora l'aver impedito la copia privata è, secondo il giudice, legittimo.
La suddetta motivazione desta qualche perplessità.
Fondamentale è distinguere tra copia privata e copia di riserva.
Il diritto alla copia privata è un diritto alla riproduzione che tu acquisti dopo avere pagato l'equo compenso (che dovrebbe tenere conto, in base all'EUCD, dell'apposizione o meno di misure tecnologiche di protezione; invece, l'equo compenso, in Italia, non è stato calcolato tenendo conto di questo aspetto: grossa lacuna): posso tenere un cd in auto ed uno in casa ed utilizzare entrambi contemporaneamente.
Il diritto alla copia di riserva, invece, lo hai per il semplice fatto di avere acquistato un prodotto digitale (un software) contenuto in un supporto che si può deteriorare facilmente (non entra il gioco l'EUCD su questo) ed ha lo scopo di preservare l'integrità di ciò che si è acquistato: è una copia che si fa e si mette da parte.
La giurisprudenza (sentenze 1769/97 della Pretura di Pescara e 11581/01 della Corte d'appello dell'Aquila) ha da tempo esteso analogicamente il vigore dell'art. 64-ter LdA (che riguarda la copia di riserva e che non parla di sfruttamento normale dell'opera: [...] Non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l'uso. [...]) anche agli audiovisivi.
Questo significa che:
1. la copia di riserva degli audiovisivi deve essere sempre possibile;
2. trattandosi di copia atta a preservare l'integrità dell'acquistato, se l'originale sta su digitale, la copia di riserva non può che essere digitale (un film in dvd costa quasi il doppio di un film il vhs perché oltre alla qualità digitale puoi anche disporre di tutte le funzionalità messe a disposizione dal dvd: cambio lingua, selezione scene, backstage... ): tu consumatore paghi quella qualità e quelle funzionalità e hai il diritto (a cui non puoi rinunciare nemmeno per contratto) di preservarle (indefinitamente).
Pertanto, l'attore, a mio modo di vedere, aveva tutto il diritto di fare una copia di riserva (copia digitale) del dvd:
1. in qualsiasi momento dopo l'acquisto;
2. ogni volta che il dvd in uso fosse diventato inutilizzabile.
Il concetto è semplice e presuppone una piccola dose di buon senso (peraltro il menù di un dvd è un software, non un audiovisivo). Ma il buon senso, anche quando è stato solcato dalla giurisprudenza, quasi mai tende a trovare spazio davanti alle multinazionali.
Che fare allora?
Da una parte, incominciare a parlare di diritto alla copia di riserva (giacché in pochi lo conoscono); dall'altra, cambiare l'art. 71-sexies (l'EUCD consente un certo spazio di manovra) affinché la copia privata digitale sia sempre possibile.
Scarichiamoli!, da tempo, propone questo cambiamento con la campagna a favore della copia privata digitale.
giovedì, settembre 10, 2009
Faccia di Google
Google ha recentemente brevettato la sua "faccia" (clicca sull'immagine per ingrandirla): una faccia molto comune e molto nota. Nessuno potrà imitarla.
Il fatto è di un certo rilievo proprio perché la struttura della pagina è estremamente elementare: questo significa che alla proprietà intellettuale può sfuggire molto meno di quello che il buon senso suggerisce.
Il fatto è di un certo rilievo proprio perché la struttura della pagina è estremamente elementare: questo significa che alla proprietà intellettuale può sfuggire molto meno di quello che il buon senso suggerisce.
lunedì, settembre 07, 2009
Il pubblico dominio, questo sconosciuto
Dal sito del Governo: I contenuti del sito – codice di script, grafica, testi, tabelle, immagini, suoni, e ogni altra informazione disponibile in qualunque forma – sono protetti ai sensi della normativa in tema di opere dell’ingegno.
La maggior parte dei contenuti presenti sul sito è costituita da quelli che l'art. 5 LdA definisce testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, non prima di avere stabilito che su detti testi non esiste diritto d'autore.
La stessa ridicola nota di copyright è ovviamente presente anche su altri siti istituzionali, a incominciare dal sito del Ministero della Giustizia: Tutti i contenuti e le informazioni presenti all'interno del sito del Ministero della giustizia sono protetti ai sensi della normativa sul diritto d'autore, pertanto nulla, neppure in parte, potrà essere copiato, modificato o rivenduto per fini di lucro o per trarne qualsivoglia utilità.
Tutti i codici in vendita dovrebbero essere considerati fuori legge. :-)
Per non parlare del simbolo della Repubblica: assolutamente irriproducibile.
La maggior parte dei contenuti presenti sul sito è costituita da quelli che l'art. 5 LdA definisce testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, non prima di avere stabilito che su detti testi non esiste diritto d'autore.
La stessa ridicola nota di copyright è ovviamente presente anche su altri siti istituzionali, a incominciare dal sito del Ministero della Giustizia: Tutti i contenuti e le informazioni presenti all'interno del sito del Ministero della giustizia sono protetti ai sensi della normativa sul diritto d'autore, pertanto nulla, neppure in parte, potrà essere copiato, modificato o rivenduto per fini di lucro o per trarne qualsivoglia utilità.
Tutti i codici in vendita dovrebbero essere considerati fuori legge. :-)
Per non parlare del simbolo della Repubblica: assolutamente irriproducibile.
venerdì, agosto 07, 2009
Wikipedia vuole la botte piena e la moglie ubriaca
Wikipedia vorrebbe inserire nella sua enciclopedia parti di opere rilasciate con CC-BY e poi rilicenziarle sotto CC-BY-SA + GFDL.
Non si può fare perché il sublicensing non è ammesso.
E allora i contributori di Wikipedia puntano alla ridefinizione del concetto di opera derivata (perché l'opera derivata può essere oggetto di nuova licenza):
Un requisito necessario per incorrere nella "verbatim copy" - scrive un wikipediano sulla lista CC.it - è che l'opera sia inclusa nella sua interezza, quindi dovrebbe bastare togliere qualcosa per ricondursi all'"adattamento"; ma è sufficiente anche aggiungere collegamenti, categorie, formattazioni varie, o addirittura Wikipedia non può essere considerata una mera "collezione" e quindi il semplice inserimento di un'opera in tale contesto costituisce un'opera derivata/adattamento?
Segue la mia risposta.
Un'opera derivata non è una modifica qualsiasi dell'opera originale, ma una sua elaborazione, ossia una modifica creativa.
Se togli un capitolo ad un libro non ne fai un adattamento!
Questo è un esempio di adattamento.
Non è togliendo o aggiungendo del testo ad un libro che crei un'opera derivata.
La modificazione deve essere creativa e dunque sostanziale: il libro deve essere riscritto, per farne una sistesi, per derivarne un musical...
Ti basta leggere la licenza, ma anche le stesse f.a.q. che tu riporti: "In general, a translation from one language to another or a film version of a book are examples of derivative works. Under Creative Commons' core licenses, synching music in timed-relation with a moving image is considered to be a derivative work."
Gli esempi sono chiari; per creare un'opera derivata devi rielaborare l'opera originaria: da un libro di 7 capitoli non crei un'opera derivata togliendo il capitolo 5 o aggiungendo il capitolo 8 (sarai soltanto l'autore del capitolo 8, non dell'opera nel suo complesso), ma, ad esempio, scrivendo la sceneggiatura di un film o, più semplicemente, facendo una sistesi del libro (fare una sintesi non significa eliminare delle parti di un testo, ma riscriverlo in forma sintetica).
Inoltre, può essere considerata opera derivata anche la commistione di diversi generi di opere dell'ingegno: ad esempio, musicare un testo o mettere le parole ad una musica.
Quindi, come tu scrivi, non basta togliere qualcosa.
Né basta aggiungere qualcosa (a meno che l'aggiunta non consista in una commistione di opere diverse).
E tutto questo è basato sul buon senso: l'opera derivata non è un'opera coautorale, ma è un'opera su cui soltanto il licenziante-autore esercita diritti esclusivi, quindi è normale che la portata creativa dell'opera derivata debba essere rilevante. Altrimenti si avrebbe un semplice aggiramento del divieto di sublicenziare l'opera: tolgo un paragrafo e rilicenzio la stessa opera. E no, troppo comodo.
E non basta inserire una biografia in un'enciclopedia per farne un'adattamento.
La biografia deve essere riscritta pressoché totalmente: a quel punto ci troveremo di fronte ad una NUOVA opera dell'ingegno (benché derivata da altra opera).
Non si può fare perché il sublicensing non è ammesso.
E allora i contributori di Wikipedia puntano alla ridefinizione del concetto di opera derivata (perché l'opera derivata può essere oggetto di nuova licenza):
Un requisito necessario per incorrere nella "verbatim copy" - scrive un wikipediano sulla lista CC.it - è che l'opera sia inclusa nella sua interezza, quindi dovrebbe bastare togliere qualcosa per ricondursi all'"adattamento"; ma è sufficiente anche aggiungere collegamenti, categorie, formattazioni varie, o addirittura Wikipedia non può essere considerata una mera "collezione" e quindi il semplice inserimento di un'opera in tale contesto costituisce un'opera derivata/adattamento?
Segue la mia risposta.
Un'opera derivata non è una modifica qualsiasi dell'opera originale, ma una sua elaborazione, ossia una modifica creativa.
Se togli un capitolo ad un libro non ne fai un adattamento!
Questo è un esempio di adattamento.
Non è togliendo o aggiungendo del testo ad un libro che crei un'opera derivata.
La modificazione deve essere creativa e dunque sostanziale: il libro deve essere riscritto, per farne una sistesi, per derivarne un musical...
Ti basta leggere la licenza, ma anche le stesse f.a.q. che tu riporti: "In general, a translation from one language to another or a film version of a book are examples of derivative works. Under Creative Commons' core licenses, synching music in timed-relation with a moving image is considered to be a derivative work."
Gli esempi sono chiari; per creare un'opera derivata devi rielaborare l'opera originaria: da un libro di 7 capitoli non crei un'opera derivata togliendo il capitolo 5 o aggiungendo il capitolo 8 (sarai soltanto l'autore del capitolo 8, non dell'opera nel suo complesso), ma, ad esempio, scrivendo la sceneggiatura di un film o, più semplicemente, facendo una sistesi del libro (fare una sintesi non significa eliminare delle parti di un testo, ma riscriverlo in forma sintetica).
Inoltre, può essere considerata opera derivata anche la commistione di diversi generi di opere dell'ingegno: ad esempio, musicare un testo o mettere le parole ad una musica.
Quindi, come tu scrivi, non basta togliere qualcosa.
Né basta aggiungere qualcosa (a meno che l'aggiunta non consista in una commistione di opere diverse).
E tutto questo è basato sul buon senso: l'opera derivata non è un'opera coautorale, ma è un'opera su cui soltanto il licenziante-autore esercita diritti esclusivi, quindi è normale che la portata creativa dell'opera derivata debba essere rilevante. Altrimenti si avrebbe un semplice aggiramento del divieto di sublicenziare l'opera: tolgo un paragrafo e rilicenzio la stessa opera. E no, troppo comodo.
E non basta inserire una biografia in un'enciclopedia per farne un'adattamento.
La biografia deve essere riscritta pressoché totalmente: a quel punto ci troveremo di fronte ad una NUOVA opera dell'ingegno (benché derivata da altra opera).
giovedì, luglio 09, 2009
Blogger imbavagliati o col bavaglino?
C'è parecchia confusione in giro: gente che, seguendo le gesta di qualche personaggio eccentrico della rete ed ignorando il fatto che il termine "notizia" riguarda esclusivamente l'attività giornalistica, crede che il ddl Alfano non riguardi solo l'informazione professionale ma anche quella spontanea (come se fosse possibile mettere un bavaglio alla rete; come se il potere fosse così stupido da non capire che se censuri un blog poi troverai altri 1000 blog che parlano dei motivi per cui quel blog è stato censurato); giornalisti asserviti al potere che vogliono fare sciopero contro il ddl Alfano (è come protestare contro la propria ombra); gente che dice che battersi per un'informazione professionale non manipolata non serve a nulla mentre bisogna preoccuparci di creare informazione alternativa (come se sostituire l'informazione professionale con quella spontanea non fosse un suicidio per la stessa informazione... e ricordo di aver parlato di questo con Marco Travaglio, che la pensa come me)...
Incomincio a credere che ci meritiamo quello che abbiamo.
Siamo pecore che meritano di seguire il cane pastore.
Il 6 luglio è stata emessa una sentenza di condanna contro i 4 poliziotti che hanno barbaramente ucciso il giovane Aldovrandi: per avere voce, la madre ha dovuto aprire un blog.
Il fatto di dover ricorrere al blog non viene visto come il rimedio, spesso vano, all'effetto di un problema (ossia il controllo dell'informazione), ma quasi come il superamento del problema stesso.
Si protesta contro chi vorrebbe imbavagliare la rete, senza capire che la protesta vera dovrebbe essere rivolta verso la casta dei giornalisti.
Il ddl Alfano ha lo scopo di mettere un freno ai giornalisti fuori dal coro. Persone come l'internettiano Daniele Martinelli, il solo giornalista che sta seguendo il processo Dell'Utri.
Questa è l'informazione che il ddl Alfano vuole colpire (con particolare riguardo alla cronaca giudiziaria).
Incomincio a credere che ci meritiamo quello che abbiamo.
Siamo pecore che meritano di seguire il cane pastore.
Il 6 luglio è stata emessa una sentenza di condanna contro i 4 poliziotti che hanno barbaramente ucciso il giovane Aldovrandi: per avere voce, la madre ha dovuto aprire un blog.
Il fatto di dover ricorrere al blog non viene visto come il rimedio, spesso vano, all'effetto di un problema (ossia il controllo dell'informazione), ma quasi come il superamento del problema stesso.
Si protesta contro chi vorrebbe imbavagliare la rete, senza capire che la protesta vera dovrebbe essere rivolta verso la casta dei giornalisti.
Il ddl Alfano ha lo scopo di mettere un freno ai giornalisti fuori dal coro. Persone come l'internettiano Daniele Martinelli, il solo giornalista che sta seguendo il processo Dell'Utri.
Questa è l'informazione che il ddl Alfano vuole colpire (con particolare riguardo alla cronaca giudiziaria).
domenica, luglio 05, 2009
Copyright Alliance: bambini, fate i bravi
Qui trovate un video promozionale in cui la Copyright Alliance propone di introdurre il copyright tra le materie scolastiche.
E' degno di nota perché ci fa capire che per fare un buon "lavaggio del cervello" occorre partire dai bambini: quelli che saranno i consumatori di domani, gli imprenditori di domani, gli elettori di domani.
Tutto ciò è meraviglioso: i bambini conosceranno il copyright, poi, qualche insegnante più progressista, introdurrà il tema del copyleft. Al termine della lezione, andranno a casa pieni di creativity and freedom. E giunti a casa, non prima di avere spiegato ai propri genitori che, scrivendo la lista della spesa, bisogna mettere le (R) accanto ai nomi dei prodotti, accenderanno il loro PC (regolarmente acquistato ed accompagnato da regolare licenza) e scaricheranno tutto illegalmente. Come sempre. :-)
E' degno di nota perché ci fa capire che per fare un buon "lavaggio del cervello" occorre partire dai bambini: quelli che saranno i consumatori di domani, gli imprenditori di domani, gli elettori di domani.
Tutto ciò è meraviglioso: i bambini conosceranno il copyright, poi, qualche insegnante più progressista, introdurrà il tema del copyleft. Al termine della lezione, andranno a casa pieni di creativity and freedom. E giunti a casa, non prima di avere spiegato ai propri genitori che, scrivendo la lista della spesa, bisogna mettere le (R) accanto ai nomi dei prodotti, accenderanno il loro PC (regolarmente acquistato ed accompagnato da regolare licenza) e scaricheranno tutto illegalmente. Come sempre. :-)
lunedì, giugno 08, 2009
venerdì, giugno 05, 2009
Quella piccola differenza...
In questo articolo di Punto Informatico si accosta FiloZero a Jamendo e BeatBick.
E' come accostare GNU/Linux, che è un sistema operativo sviluppato su base volontaria, libero e gratuito, ad Apple e Microsoft, che sono aziende.
E' come accostare GNU/Linux, che è un sistema operativo sviluppato su base volontaria, libero e gratuito, ad Apple e Microsoft, che sono aziende.
mercoledì, giugno 03, 2009
Ci sono arrivati anche gli autori della Free Art License
Notavo che tra la versione 1.2 e la versione 1.3 della Free Art License c'è una importante novità:
si affronta chiaramente la questione dei diritti connessi (più che un paragrafo di una licenza sembra la risposta ad una f.a.q., ma è sempre
meglio di niente).
3. RELATED RIGHTS
Activities giving rise to author’s rights and related rights shall not challenge the rights granted by this license. For example, this is the reason why performances must be subject to the same license or a compatible license. Similarly, integrating the work in a database, a compilation or an anthology shall not prevent anyone from using the work under the same conditions as those defined in this license.
Lo scopo è quello di garantire al licenziatario l'assenza di diritti esclusivi sull'opera.
Se l'autore compone una canzone e mette a disposizione una sua esecuzione, anche i diritti relativi all'esecuzione devono considerarsi licenziati (può sembrare una banalità, ma solo per chi identifica il bene immateriale opera con il bene materiale esecuzione).
Se un terzo mette a disposizione una esecuzione della canzone, anche i diritti relativi all'esecuzione devono considerarsi licenziati.
Non stiamo parlando di noccioline. Capito Creative Commons?
si affronta chiaramente la questione dei diritti connessi (più che un paragrafo di una licenza sembra la risposta ad una f.a.q., ma è sempre
meglio di niente).
3. RELATED RIGHTS
Activities giving rise to author’s rights and related rights shall not challenge the rights granted by this license. For example, this is the reason why performances must be subject to the same license or a compatible license. Similarly, integrating the work in a database, a compilation or an anthology shall not prevent anyone from using the work under the same conditions as those defined in this license.
Lo scopo è quello di garantire al licenziatario l'assenza di diritti esclusivi sull'opera.
Se l'autore compone una canzone e mette a disposizione una sua esecuzione, anche i diritti relativi all'esecuzione devono considerarsi licenziati (può sembrare una banalità, ma solo per chi identifica il bene immateriale opera con il bene materiale esecuzione).
Se un terzo mette a disposizione una esecuzione della canzone, anche i diritti relativi all'esecuzione devono considerarsi licenziati.
Non stiamo parlando di noccioline. Capito Creative Commons?
martedì, maggio 26, 2009
Jamendo pro: open your... ass
Ecco il certificato di Jamendo pro.
Francamente mi aspettavo qualcosa di più... corposo... almeno l'indicazione di un codice fiscale... meno male che certificati come questo sono riconosciuti da SIAE. :-)
Figuriamoci come devono essere quelli che SIAE non riconosce! :-)
La "sorpresa" è la seguente:
Jamendo pro NON garantisce che l'artista non è iscritto a SIAE, ma si limita a dire che l'artista dà questa garanzia (in pratica si tratta di un'autocertificazione).
Quindi, in caso di nefasto controllo, ho seri dubbi che l'esercente possa dire a Jamendo "sei inadempiente".
A farne le spese saranno soltanto l'artista e l'esercente, entrambi, per motivi diversi, sanzionati da SIAE.
Francamente mi aspettavo qualcosa di più... corposo... almeno l'indicazione di un codice fiscale... meno male che certificati come questo sono riconosciuti da SIAE. :-)
Figuriamoci come devono essere quelli che SIAE non riconosce! :-)
La "sorpresa" è la seguente:
Jamendo pro NON garantisce che l'artista non è iscritto a SIAE, ma si limita a dire che l'artista dà questa garanzia (in pratica si tratta di un'autocertificazione).
Quindi, in caso di nefasto controllo, ho seri dubbi che l'esercente possa dire a Jamendo "sei inadempiente".
A farne le spese saranno soltanto l'artista e l'esercente, entrambi, per motivi diversi, sanzionati da SIAE.
venerdì, maggio 22, 2009
Jamendo pro è una colossale fregatura
Per constatarlo sono bastati pochi secondi: non solo l'artista è iscritto a SIAE, ma anche i brani su Jamendo pro sono depositati in SIAE!
Vi rendete conto? Questi si fanno pagare a mq (e non poco) per dare la garanzia del fatto che gli artisti non sono iscritti a SIAE. :-D
Tuttavia, mi sono detto: gli è scappato.
Ma poi: un altro iscritto a SIAE.
Ancora un iscritto a SIAE...
Attenzione: ho cercato soltanto gli artisti italiani indicati per nome e cognome (per poter fare un rapido confronto sul database siae): ne ho trovati 5 e 4 di questi 5 sono iscritti a SIAE (dal confronto con i titoli dei brani ho capito che non si tratta di casi di omonimia).
Se tanto mi da tanto... traete voi le conclusioni.
giovedì, maggio 21, 2009
Jamendo pro(fit)
Dalle f.a.q. di Jamendo pro:
La licenza Jamendo PRO garantisce in modo legale che l'uso commerciale che farai della musica (sonorizzazione della tua struttura / progetti audiovisivi) non comporterà alcun pagamento agli enti di colletta e gestione dei diritti d'autore (tipo SIAE).
Il semplice fatto di scaricare una canzone su jamendo.com non basta a provare legalmente che gli artisti non sono iscritti a una società di colletta dei diritti d'autore.
Sottoscrivendo una licenza Jamendo PRO, riceverai un certificato che andrà presentato agli enti di colletta e gestione dei diritti d'autore in caso di controllo. Questo certificato Jamendo PRO è riconosciuto da tali enti.
Mi fa piacere che Jamendo finalmente dica che "il semplice fatto di scaricare una canzone su jamendo.com non basta a provare legalmente che gli artisti non sono iscritti a una società di colletta dei diritti d'autore".
Per correttezza, potevano dirlo anche prima, ma mi rendo conto che dirlo prima non portava benefici.
La mia interpretazione è: caro pubblico esercente, siccome la licenza creative commons non è di per sé opponibile alle collecting societies (dato che non è sottoscritta e non garantisce la non iscrizione a SIAE & c. da parte del licenziante), è rischioso fare incetta su Jamendo di brani rilasciati con CC-BY o CC-BY-SA per poi filodiffonderli in pubblici esercizi.
Se vuoi avere tra le mani qualcosa di opponibile alle collecting societies e che ti metta al sicuro, acquista la licenza jamendo pro, che ha forma scritta e specifica che l'artista non è iscritto a SIAE & c. (in fin dei conti queste mi sembrano le reali garanzie... non esiste alcun accordo tra Jamendo e SIAE, anche se leggendo le f.a.q. di Jamendo qualcuno potrebbe essere indotto a pensarlo).
Ora io dico: se la licenza CC avesse forma scritta e specificasse la non iscrizione del licenziante a collecting societies, l'artista non potrebbe evitare di farsi succhiare da Jamendo il 50% degli incassi?
Assolutamente sì.
Questo lato debole della licenza CC viene oramai diffusamente sfruttato dai piccoli intermediari (che io sovente chiamo piccole zecche, per distinguerli dalle grandi zecche rappresentate da SIAE, SCF ecc.).
La licenza CC doveva eliminare gli intermediari: e invece, paradossalmente, li crea, perché è molto diffusa e perché ha bisogno, per essere efficace, di essere "rilicenziata" (questo per una licenza è il massimo della mortificazione).
Accordo SIAE-CC: su che cosa?
Io ero rimasto qui: ci accordiamo sulla possibilità, per gli iscritti a SIAE, di rilasciare legalmente le loro opere con licenza CC. Soltanto in relazione alle opere rilasciate con licenza CC-NC SIAE riscuoterà compensi.
In pratica SIAE diventerebbe per i licenzianti CC quello che già è Jamendo pro:
una garanzia sul fatto che l'opera è realmente licenziata e sul fatto che SIAE non riscuoterà compensi in relazione a certe opere.
E allora il piccolo artista come preferirà essere cucinato? Alla brace o in padella?
Beh, credo in padella, anche perché non mi pare che Jamendo pro chieda canoni di iscrizione (e nella distribuzione dei compensi dovrebbe essere più trasparente di SIAE).
Gli spunti di riflessione sono comunque tantissimi: ad esempio, sono sempre molto interessanti le interpretazioni "pseudoautentiche" sul concetto di non commercial ai sensi della licenza CC: Un progetto è non-commerciale se non è disponibile alla vendita, se il suo accesso non è a pagamento, se non veicola alcuna pubblicità, se non è stato creato per pubblicizzare un negozio e se non si è stati pagati per la sua creazione.
Questo nella licenza CC non c'è scritto, ma oramai la licenza CC viene utilizzata come una sorta di assenso con margini di interpretazione che si allargano e si restringono a seconda delle necessità del commerciante di turno, che sempre sa fare di vizio virtù.
Una canzone è pubblicata sotto licenza Creative Commons BY o BY-SA: perché acquistare una licenza Jamendo PRO in questo caso?
La licenza Jamendo PRO garantisce in modo legale che l'uso commerciale che farai della musica (sonorizzazione della tua struttura / progetti audiovisivi) non comporterà alcun pagamento agli enti di colletta e gestione dei diritti d'autore (tipo SIAE).
Il semplice fatto di scaricare una canzone su jamendo.com non basta a provare legalmente che gli artisti non sono iscritti a una società di colletta dei diritti d'autore.
Sottoscrivendo una licenza Jamendo PRO, riceverai un certificato che andrà presentato agli enti di colletta e gestione dei diritti d'autore in caso di controllo. Questo certificato Jamendo PRO è riconosciuto da tali enti.
Mi fa piacere che Jamendo finalmente dica che "il semplice fatto di scaricare una canzone su jamendo.com non basta a provare legalmente che gli artisti non sono iscritti a una società di colletta dei diritti d'autore".
Per correttezza, potevano dirlo anche prima, ma mi rendo conto che dirlo prima non portava benefici.
La mia interpretazione è: caro pubblico esercente, siccome la licenza creative commons non è di per sé opponibile alle collecting societies (dato che non è sottoscritta e non garantisce la non iscrizione a SIAE & c. da parte del licenziante), è rischioso fare incetta su Jamendo di brani rilasciati con CC-BY o CC-BY-SA per poi filodiffonderli in pubblici esercizi.
Se vuoi avere tra le mani qualcosa di opponibile alle collecting societies e che ti metta al sicuro, acquista la licenza jamendo pro, che ha forma scritta e specifica che l'artista non è iscritto a SIAE & c. (in fin dei conti queste mi sembrano le reali garanzie... non esiste alcun accordo tra Jamendo e SIAE, anche se leggendo le f.a.q. di Jamendo qualcuno potrebbe essere indotto a pensarlo).
Ora io dico: se la licenza CC avesse forma scritta e specificasse la non iscrizione del licenziante a collecting societies, l'artista non potrebbe evitare di farsi succhiare da Jamendo il 50% degli incassi?
Assolutamente sì.
Questo lato debole della licenza CC viene oramai diffusamente sfruttato dai piccoli intermediari (che io sovente chiamo piccole zecche, per distinguerli dalle grandi zecche rappresentate da SIAE, SCF ecc.).
La licenza CC doveva eliminare gli intermediari: e invece, paradossalmente, li crea, perché è molto diffusa e perché ha bisogno, per essere efficace, di essere "rilicenziata" (questo per una licenza è il massimo della mortificazione).
Accordo SIAE-CC: su che cosa?
Io ero rimasto qui: ci accordiamo sulla possibilità, per gli iscritti a SIAE, di rilasciare legalmente le loro opere con licenza CC. Soltanto in relazione alle opere rilasciate con licenza CC-NC SIAE riscuoterà compensi.
In pratica SIAE diventerebbe per i licenzianti CC quello che già è Jamendo pro:
una garanzia sul fatto che l'opera è realmente licenziata e sul fatto che SIAE non riscuoterà compensi in relazione a certe opere.
E allora il piccolo artista come preferirà essere cucinato? Alla brace o in padella?
Beh, credo in padella, anche perché non mi pare che Jamendo pro chieda canoni di iscrizione (e nella distribuzione dei compensi dovrebbe essere più trasparente di SIAE).
Gli spunti di riflessione sono comunque tantissimi: ad esempio, sono sempre molto interessanti le interpretazioni "pseudoautentiche" sul concetto di non commercial ai sensi della licenza CC: Un progetto è non-commerciale se non è disponibile alla vendita, se il suo accesso non è a pagamento, se non veicola alcuna pubblicità, se non è stato creato per pubblicizzare un negozio e se non si è stati pagati per la sua creazione.
Questo nella licenza CC non c'è scritto, ma oramai la licenza CC viene utilizzata come una sorta di assenso con margini di interpretazione che si allargano e si restringono a seconda delle necessità del commerciante di turno, che sempre sa fare di vizio virtù.
mercoledì, aprile 22, 2009
Un'altra tesi sulle licenze Copyzero X
Ho trovato per caso l'ennesima tesi che parla delle licenze Copyzero X:
La licenza Copyzero X viene sviluppata in Italia dal Movimento Costozero e viene presentata con una schematicità quasi spiazzante. Consiste in un elenco di diritti che è possibile concedere, ognuno dei quali ha un’apposita casellina che è possibile spuntare. Se la singola voce viene contrassegnata da una lettera X, significa che il diritto in questione viene concesso dall’autore. Sembra fatta apposta per l’utente medio italiano che poco o nulla sa in materia di copyright e copyleft: è semplice da capire e da gestire.* Avendo la Copyzero X origini italiane, affronta al suo interno tutte quelle tematiche tipicamente nostrane che concernono il diritto d’autore (come il noleggio e i rapporti con la SIAE) e che nelle licenze di tipo copyleft vengono normalmente solo accennate o addirittura taciute.
* Ecco: l'"usabilità" di un "generatore di licenze" rappresenta un elemento fondamentale per il suo successo (ossia per la comprensione da parte del licenziante del significato del testo della licenza). Se un giorno qualcuno mettesse a disposizione degli utenti strumenti analoghi per la redazione on-line di contratti (dei tipi più diversi), renderebbe un grande servizio alla patria (o alle sue tasche, se si trattasse di un servizio a pagamento).
La licenza Copyzero X viene sviluppata in Italia dal Movimento Costozero e viene presentata con una schematicità quasi spiazzante. Consiste in un elenco di diritti che è possibile concedere, ognuno dei quali ha un’apposita casellina che è possibile spuntare. Se la singola voce viene contrassegnata da una lettera X, significa che il diritto in questione viene concesso dall’autore. Sembra fatta apposta per l’utente medio italiano che poco o nulla sa in materia di copyright e copyleft: è semplice da capire e da gestire.* Avendo la Copyzero X origini italiane, affronta al suo interno tutte quelle tematiche tipicamente nostrane che concernono il diritto d’autore (come il noleggio e i rapporti con la SIAE) e che nelle licenze di tipo copyleft vengono normalmente solo accennate o addirittura taciute.
* Ecco: l'"usabilità" di un "generatore di licenze" rappresenta un elemento fondamentale per il suo successo (ossia per la comprensione da parte del licenziante del significato del testo della licenza). Se un giorno qualcuno mettesse a disposizione degli utenti strumenti analoghi per la redazione on-line di contratti (dei tipi più diversi), renderebbe un grande servizio alla patria (o alle sue tasche, se si trattasse di un servizio a pagamento).
Solidarietà a Pirate Bay!?!?
Gestori di The Pirate Bay condannati in primo grado? Niente paura: il web è con voi! Tantissimi i messaggi di solidarietà per il principale sito dedicato all'indicizzazione di file *.torrent e alla pubblicità di siti porno.
Chi difenderà le libertà digitali se scompare "la baia"?
Basta leggere questa corrispondenza per capire che "la baia" si è sempre occupata, con professionalità e rigore, di educare al rispetto delle suddette libertà, opponendo ai suoi detrattori principi encomiabili e profonde argomentazioni: da Go fuck yourself. a Please also note that I'm not currently out of toilet paper, so you may wait a while before sending legal papers.
Ma l'aspetto che più mi colpisce di questa vicenda è che Carl Lundström, leader del movimento neo-nazista in terra svedese, è stato condannato per avere favorito la diffusione di materiale protetto da diritto d'autore. Della serie: adorate pure l'olocausto ma non toccate il copyright.
Chi difenderà le libertà digitali se scompare "la baia"?
Basta leggere questa corrispondenza per capire che "la baia" si è sempre occupata, con professionalità e rigore, di educare al rispetto delle suddette libertà, opponendo ai suoi detrattori principi encomiabili e profonde argomentazioni: da Go fuck yourself. a Please also note that I'm not currently out of toilet paper, so you may wait a while before sending legal papers.
Ma l'aspetto che più mi colpisce di questa vicenda è che Carl Lundström, leader del movimento neo-nazista in terra svedese, è stato condannato per avere favorito la diffusione di materiale protetto da diritto d'autore. Della serie: adorate pure l'olocausto ma non toccate il copyright.
mercoledì, aprile 08, 2009
Contrassegno SIAE: che vi avevo detto?
Attenzione, il contrassegno SIAE rientrerà presto dalla finestra, ma dopo tanti inviti al non apporlo più, dopo i fiumi di parole (© 1997 Jalisse) riversati sul web per acclamare la non obbligatorietà del bollino (senza però informare anche del fatto che la GdF e procure continuano a considerare la non apposizione un reato), non sarà facile far sapere alle persone che il contrassegno è di nuovo obbligatorio: dissi questo controcorrente, quando nessuno prevedeva un rapido ritorno di quell'irriducibile argentato... lo ripeto adesso, mentre assisto all'ennesima autopromozione di quelli che il bollino non ci va comunque, oh, yes!
venerdì, marzo 27, 2009
Emendamento D'alia: le sue reali conseguenze
Continuo a leggere in giro commenti sull'emendamento D'Alia e constato che chi teme la chiusura di YouTube e Facebook non ha capito dove sta il vero problema.
Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
Io qui leggo: quando sono in corso indagini per taluni delitti (mi pare superfluo precisare previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali: se sono delitti... ) e sussistono concreti elementi (elementi concreti... astrattamente descritti) sulla base dei quali il pm e/o il gip ritengono che Mr X sta commettendo un certo reato, il pm o il gip avvisa il Ministro dell'interno, che valuta se ordinare o meno ai fornitori di connettività di impedire il perpetuarsi del crimine in oggetto attraverso un'operazione di filtraggio (filtri analoghi a quelli descritti qui).
Probabilmente, l'emendamento nasce dall'impossibilità di sottoporre a sequestro preventivo siti su server esteri e mira a rendere irraggiungibili dall'Italia i siti suddetti, così come già vengono resi irraggiungibili siti pedopornografici (o inneggianti alla pedofilia), siti di gioco d'azzardo, siti di filesharing... se avete memoria, non vi serviranno ulteriori esempi.
Portali come YouTube e Facebook non verranno chiusi: sarà sufficiente e certamente più efficace una comunicazione dell'autorità perché la pagina dell'utente Mr X o i file che ha caricato vengano rimossi (come da prassi odierna).
C'è chi ha visto nell'emendamento un equivalente della norma di cui al terzo comma dell'art. 14 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70:
L'art. 14 cit. si presta ad essere il "genitore" di tanti altri "fratellastri" dell'art. 50-bis, ma è meno pericoloso; ciò che deve essere sottolineato dell'emendamento D'Alia è il potere che attribuisce all'esecutivo. Ad esempio, il Ministro, membro del Governo, potrebbe scegliere di non filtrare un sito che istiga a diffamare un membro dell'opposizione, semplicemente perché ritiene vere certe affermazioni; al contrario, potrebbe ordinare di filtrare un sito che, a suo giudizio, istiga a diffamare un membro della maggioranza).
Un membro del Governo con un ruolo così delicato dal punto di vista della giustizia penale interna non si era mai visto prima.
Morale: non sono in gioco i commentini che scrivete su questo o quel blog, ma qualcosa di molto più prezioso: la democrazia, la divisione dei poteri.
Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
Io qui leggo: quando sono in corso indagini per taluni delitti (mi pare superfluo precisare previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali: se sono delitti... ) e sussistono concreti elementi (elementi concreti... astrattamente descritti) sulla base dei quali il pm e/o il gip ritengono che Mr X sta commettendo un certo reato, il pm o il gip avvisa il Ministro dell'interno, che valuta se ordinare o meno ai fornitori di connettività di impedire il perpetuarsi del crimine in oggetto attraverso un'operazione di filtraggio (filtri analoghi a quelli descritti qui).
Probabilmente, l'emendamento nasce dall'impossibilità di sottoporre a sequestro preventivo siti su server esteri e mira a rendere irraggiungibili dall'Italia i siti suddetti, così come già vengono resi irraggiungibili siti pedopornografici (o inneggianti alla pedofilia), siti di gioco d'azzardo, siti di filesharing... se avete memoria, non vi serviranno ulteriori esempi.
Portali come YouTube e Facebook non verranno chiusi: sarà sufficiente e certamente più efficace una comunicazione dell'autorità perché la pagina dell'utente Mr X o i file che ha caricato vengano rimossi (come da prassi odierna).
C'è chi ha visto nell'emendamento un equivalente della norma di cui al terzo comma dell'art. 14 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70:
Art. 14 (Responsabilità nell'attività di semplice trasporto - Mere conduit)
[...]
3. L'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può esigere anche in via d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.
E' una fattispecie generica (riguarda non specificati delitti, contravvenzioni, illeciti amministrativi) recepita negli Stati dell'UE: in essa è difficile ricomprendere quella dell'art. 50-bis (rapporto genus/species), principalmente perché quest'ultimo consente all'esecutivo (non alla magistratura) di ordinare l'interruzione dell'attività criminosa.L'art. 14 cit. si presta ad essere il "genitore" di tanti altri "fratellastri" dell'art. 50-bis, ma è meno pericoloso; ciò che deve essere sottolineato dell'emendamento D'Alia è il potere che attribuisce all'esecutivo. Ad esempio, il Ministro, membro del Governo, potrebbe scegliere di non filtrare un sito che istiga a diffamare un membro dell'opposizione, semplicemente perché ritiene vere certe affermazioni; al contrario, potrebbe ordinare di filtrare un sito che, a suo giudizio, istiga a diffamare un membro della maggioranza).
Un membro del Governo con un ruolo così delicato dal punto di vista della giustizia penale interna non si era mai visto prima.
Morale: non sono in gioco i commentini che scrivete su questo o quel blog, ma qualcosa di molto più prezioso: la democrazia, la divisione dei poteri.
martedì, marzo 24, 2009
Luca Neri: fare soldi con il copyright in nome del no-copyright
Luca Neri ha scritto un libro che si chiama La baia dei pirati - Assalto al copyright.
Il libro è già un cult tra i "pirati", che però nulla fanno notare sul fatto che quel libro sia full-copyright e, per volontà di autore e casa editrice, non liberamente scaricabile, non condiviso se non previo pagamento.
E' una presa per il culo? Assolutamente no, è una presa per il cult.
Sul sito no-copyright.net (che sembra il sito di una community piratesca fan di Luca Neri ma che in realtà è di proprietà dello stesso Luca Neri), campeggia a caratteri cubitali "COMPRA IL LIBRO - sconto del 10% - consegna gratuita".
Viene il leggerissimo sospetto che si tratti dell'ennesima operazione commerciale travestita da "missione umanitaria" o "rivoluzione sociale" (scegliete voi).
Il fatto che nel libro confluiscano idee, cronache e filosofie ben note nel mondo delle libertà digitali, il fatto che, in altre parole, il libro sia il prodotto di un sapere collettivo maturato nelle community no-copyright, rende l'offerta non libera ancora più disgustosa.
Sabato 28 marzo Neri parteciperà alla Festa dei Pirati (tra i cui organizzatori troviamo, chissà perché, la sua casa editrice): quale migliore occasione per... promuovere un libro? :-)
Il libro vanta una rassegna spampa che tutte le associazioni festanti messe insieme non hanno mai avuto e non avranno mai (forse perché le battaglie vere sono fuori dal mercato?): ci voleva un'operazione commerciale per dare visibilità alla pirateria... o forse ci volevano i pirati per dare credibilità a un'operazione commerciale sulla pirateria.
"Happy Downloading!" scrive Luca Neri sul suo sito: e in questa frase è riassunto tutto.
------------------------------------------
Aggiornamento delle ore 20 (circa).
Come ho precisato altrove, scrivere un libro sulla pirateria non significa necessariamente condividere certi principi. Si può scrivere il libro e venderlo sotto full-copyright. Non c'è nulla di male. Ma se ti schieri pubblicamente a favore dei pirati, indossi le magliettine con il teschio (anche se hai una certa età) e vuoi essere coerente, allora il libro deve essere (quantomeno) scaricabile ed open.
Ma ammettiamo che l'adesione ideologica di Luca Neri al no-copyright sia un equivoco (di cui comunque Neri non sembra preoccuparsi affatto): chi l'ha generato e perché? Forse lo ha distrattamente generato la stessa persona che ha acquistato il dominio no-copyright per pubblicarvi i gridi di battaglia dei pirati e metterci accanto "COMPRA IL LIBRO!".
Comunque, l'operazione è geniale: il pirata arriva e acquista.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Carlo Gubitosa scrisse Elogio della Pirateria e venne "linciato" perché il libro, pur essendo rilasciato con licenza libera, non era reperibile on-line.
Alessandro Bottoni, che ringrazio per il suo commento, scrive: il povero Joachim Feist avrebbe dovuto diventare nazista per scrivere la biografia di Hitler.
Questa osservazione stimola la mia fantasia: immagino Joachim Feist presentare il libro su Hitler indossando una maglietta con la svastica. Immagino la casa editrice di Feist organizzare la Festa dei Nazisti. Immagino Feist che acquista il dominio hihitler.net per dare voce ai nazisti. Immagino Feist che rilascia interviste ai giornali in cui dice che lo sterminio degli ebrei è stato giusto.
Immagino tutto questo e penso che, se mai fosse accaduto, nessuno avrebbe avuto dubbi sull'adesione di Feist al nazismo.
Il libro è già un cult tra i "pirati", che però nulla fanno notare sul fatto che quel libro sia full-copyright e, per volontà di autore e casa editrice, non liberamente scaricabile, non condiviso se non previo pagamento.
E' una presa per il culo? Assolutamente no, è una presa per il cult.
Sul sito no-copyright.net (che sembra il sito di una community piratesca fan di Luca Neri ma che in realtà è di proprietà dello stesso Luca Neri), campeggia a caratteri cubitali "COMPRA IL LIBRO - sconto del 10% - consegna gratuita".
Viene il leggerissimo sospetto che si tratti dell'ennesima operazione commerciale travestita da "missione umanitaria" o "rivoluzione sociale" (scegliete voi).
Il fatto che nel libro confluiscano idee, cronache e filosofie ben note nel mondo delle libertà digitali, il fatto che, in altre parole, il libro sia il prodotto di un sapere collettivo maturato nelle community no-copyright, rende l'offerta non libera ancora più disgustosa.
Sabato 28 marzo Neri parteciperà alla Festa dei Pirati (tra i cui organizzatori troviamo, chissà perché, la sua casa editrice): quale migliore occasione per... promuovere un libro? :-)
Il libro vanta una rassegna spampa che tutte le associazioni festanti messe insieme non hanno mai avuto e non avranno mai (forse perché le battaglie vere sono fuori dal mercato?): ci voleva un'operazione commerciale per dare visibilità alla pirateria... o forse ci volevano i pirati per dare credibilità a un'operazione commerciale sulla pirateria.
"Happy Downloading!" scrive Luca Neri sul suo sito: e in questa frase è riassunto tutto.
------------------------------------------
Aggiornamento delle ore 20 (circa).
Come ho precisato altrove, scrivere un libro sulla pirateria non significa necessariamente condividere certi principi. Si può scrivere il libro e venderlo sotto full-copyright. Non c'è nulla di male. Ma se ti schieri pubblicamente a favore dei pirati, indossi le magliettine con il teschio (anche se hai una certa età) e vuoi essere coerente, allora il libro deve essere (quantomeno) scaricabile ed open.
Ma ammettiamo che l'adesione ideologica di Luca Neri al no-copyright sia un equivoco (di cui comunque Neri non sembra preoccuparsi affatto): chi l'ha generato e perché? Forse lo ha distrattamente generato la stessa persona che ha acquistato il dominio no-copyright per pubblicarvi i gridi di battaglia dei pirati e metterci accanto "COMPRA IL LIBRO!".
Comunque, l'operazione è geniale: il pirata arriva e acquista.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Carlo Gubitosa scrisse Elogio della Pirateria e venne "linciato" perché il libro, pur essendo rilasciato con licenza libera, non era reperibile on-line.
Alessandro Bottoni, che ringrazio per il suo commento, scrive: il povero Joachim Feist avrebbe dovuto diventare nazista per scrivere la biografia di Hitler.
Questa osservazione stimola la mia fantasia: immagino Joachim Feist presentare il libro su Hitler indossando una maglietta con la svastica. Immagino la casa editrice di Feist organizzare la Festa dei Nazisti. Immagino Feist che acquista il dominio hihitler.net per dare voce ai nazisti. Immagino Feist che rilascia interviste ai giornali in cui dice che lo sterminio degli ebrei è stato giusto.
Immagino tutto questo e penso che, se mai fosse accaduto, nessuno avrebbe avuto dubbi sull'adesione di Feist al nazismo.
mercoledì, marzo 11, 2009
Totally free
Ecco il primo notebook totalmente free, dall'hardware al software.
Seguono le specifiche.
Components | Spec | notes |
CPU | STLS 2F(Loongson 2F) 800MHz, with integrated DDR2 controller and PCI controller | |
Chipset | Northbridge: integrated in CPU | |
Memory | SO-DIMM DDR2 512MB/1GB | optional |
Storage | 160GB 2.5' HDD or 2GB/8GB SSD | optional |
Panel | 8.9” TFT LCD 1024x600 | |
Extension | USB wifi | optional |
Interfaces | USB2.0x3, earphone+ MIC, SDx1, RJ45x1, VGAx1, DC-inx1 | |
Power | <12watt> | |
Enclosure | PC+ABS+IMR A/C | |
Size | 25.5x18.8x2.5cm | |
Keyboard | 80key 23.8cm | |
Weight | ~1Kg | Exclude external parts |
OS | Debian GNU/Linux + Lemote Education suites | Others includes: Mandriva, Sunwah, Slackware, Gentoo etc. |
domenica, marzo 01, 2009
Skype è pronta a lavorare fianco a fianco di Eurojust
Come prevedevo qui (anticipando tutte le testate che hanno dato la notizia 5 giorni dopo eh eh eh), la giusta interpretazione da attribuire alla richiesta dell'Italia di poter decriptare il traffico Skype è questa.
Stiamo parlando di criminalità organizzata, terrorismo, traffico illecito di stupecafenti, tratta di esseri umani... di questo si occupa Eurojust.
Tuttavia, se volevano fare le cose "per bene", avrebbero dovuto trattare in gran segreto...
i mafiosi sono stati avvisati con congruo anticipo e adesso utilizzeranno un altro programma!
Stiamo parlando di criminalità organizzata, terrorismo, traffico illecito di stupecafenti, tratta di esseri umani... di questo si occupa Eurojust.
Tuttavia, se volevano fare le cose "per bene", avrebbero dovuto trattare in gran segreto...
i mafiosi sono stati avvisati con congruo anticipo e adesso utilizzeranno un altro programma!
sabato, febbraio 14, 2009
Google Latitude: sapete come funziona?
Il fatto che Google Latitude (grazie alla tecnologia di Skyhook Wireless) conosca la posizione delle BTS a cui mi collego non mi preoccupa (anche in Italia esisteva una community che raccoglieva questo tipo di dati e li pubblicava, legalmente).
Trovo più preoccupante, invece, la raccolta dei dati relativi agli hot spot dei privati: questi signori passano sotto casa tua, scansionano il tuo Access Point e registrano l'indirizzo MAC del tuo router, per poi associarvi le coordinate geografiche ottenute via GPS!
Ricordiamo che dato personale è qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
Ip (anche dinamico) e orario incrociati possono essere considerati dato personale.
Che dire allora dell'insieme di dati di cui dispone Google Latitude per localizzare gli utenti e per consentire agli utenti di localizzare altri utenti? Certamente possiamo dire che nessuno ne ha autorizzato il trattamento.
Trovo più preoccupante, invece, la raccolta dei dati relativi agli hot spot dei privati: questi signori passano sotto casa tua, scansionano il tuo Access Point e registrano l'indirizzo MAC del tuo router, per poi associarvi le coordinate geografiche ottenute via GPS!
Ricordiamo che dato personale è qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
Ip (anche dinamico) e orario incrociati possono essere considerati dato personale.
Che dire allora dell'insieme di dati di cui dispone Google Latitude per localizzare gli utenti e per consentire agli utenti di localizzare altri utenti? Certamente possiamo dire che nessuno ne ha autorizzato il trattamento.
domenica, febbraio 01, 2009
Copyzero su Digital Music
Digital Music, la prima rivista in Italia per “fare musica” utilizzando il computer, ha pubblicato un articolo su Copyzero.
Digital Music si occupa esclusivamente di componentistica, configurazioni, programmi di editing, strumenti musicali elettronici... se ha fatto un'eccezione, è perché, evidentemente, il tema è considerato molto importante per i musicisti.
Del resto, Copyzero nasce proprio dall'esigenza di un tizio con l'hobby della musica. ;-)
Ringraziamo chi ci ha segnalato l'articolo.
sabato, gennaio 24, 2009
I soliti favori al software proprietario
Grazie al progetto Innovascuola, più di 3.000 scuole (l'elenco è on-line sul sito del ministero) hanno ricevuto computer portatili corredati di software didattico.
Nel capitolato tecnico troviamo un paragrafo interessante:3.5. Sistema operativo
Sui Computer portatili dovranno essere installati almeno due (dual boot) dei sistemi operativi di seguito descritti.
I sistemi sono:Linux - kernel v.2.6.x
Microsoft Windows Vista Business
Apple MAC OS X Versione 10.x
Morale: l'utilizzo di GNU/Linux non è indispensabile, mentre l'utilizzo di almeno un sistema proprietario è obbligatorio.
Tra i questiti relativi alla gara ne troviamo uno che merita attenzione:
Quesito n. 35
Al paragrafo 3.5. Sistema operativo dell' "Allegato 1 dello Schema di Contratto - Capitolato Tecnico", viene richiesto quanto segue:"Sui Computer portatili dovranno essere installati almeno due (dual boot) dei sistemi operativi di seguito descritti". I sistemi operativi da Voi indicati sono "Linux - kernel v.2.6.x", "Microsoft Windows Vista Business", "Apple MAC OS X Versione 10.x". Ci risulta sia impossibile configurare (per problemi di "licensing") un dual boot contenente almeno due dei sistemi operativi indicati. Si chiede se è accettata la configurazione delle macchine con un solo sistema operativo, scelto dal cliente ed inserito nella macchina all'atto della produzione della stessa.
Risposta n. 35
Si chiarisce che per “dual boot” si intende la capacità del sistema di poter in qualsiasi momento utilizzare alternativamente o contemporaneamente almeno due dei sistemi operativi indicati anche attraverso partizioni e/o l’uso di macchine virtuali. Nel primo caso ad ogni avvio si sceglierà il sistema operativo da utilizzare nel secondo caso si può passare ad un altro sistema senza riavviare la macchina. In ogni caso la visibilità reciproca dei file systems deve essere comunque garantita fra un sistema e l’altro.
Il Ministero ignora la domanda e ribadisce l'obbligatorietà del dual boot.
Non sia mai detto che una scuola possa avere un computer senza sistema proprietario!
Ok, ma non è finita qui. Microsoft ha sbaragliato la concorrenza donando tutto il materiale oggetto del bando di gara alle scuole: insomma, il primo numero di Innova la tua scuola è in edicola GRATIS. ;-)
Resta, però, da porsi una domanda: siamo sicuri che nei portatili forniti alle scuole oltre a Windows Vista (presumibilmente immancabile) sia stato incluso anche GNU/Linux o Apple (come prevede il capitolato tecnico)?
Date queste premesse, è lecito supporre che anche il Piano di E-Government 2012 si indirizzi verso Microsoft, già scelta come partner per il progetto Compagno di classe, che ha l'obiettivo di dotare gli studenti della scuola primaria di un PC a loro dedicato (resistente – leggero – sicuro – a basso costo) come strumento didattico.
Nel capitolato tecnico troviamo un paragrafo interessante:
Sui Computer portatili dovranno essere installati almeno due (dual boot) dei sistemi operativi di seguito descritti.
I sistemi sono:Linux - kernel v.2.6.x
Microsoft Windows Vista Business
Apple MAC OS X Versione 10.x
Morale: l'utilizzo di GNU/Linux non è indispensabile, mentre l'utilizzo di almeno un sistema proprietario è obbligatorio.
Tra i questiti relativi alla gara ne troviamo uno che merita attenzione:
Quesito n. 35
Al paragrafo 3.5. Sistema operativo dell' "Allegato 1 dello Schema di Contratto - Capitolato Tecnico", viene richiesto quanto segue:"Sui Computer portatili dovranno essere installati almeno due (dual boot) dei sistemi operativi di seguito descritti". I sistemi operativi da Voi indicati sono "Linux - kernel v.2.6.x", "Microsoft Windows Vista Business", "Apple MAC OS X Versione 10.x". Ci risulta sia impossibile configurare (per problemi di "licensing") un dual boot contenente almeno due dei sistemi operativi indicati. Si chiede se è accettata la configurazione delle macchine con un solo sistema operativo, scelto dal cliente ed inserito nella macchina all'atto della produzione della stessa.
Risposta n. 35
Si chiarisce che per “dual boot” si intende la capacità del sistema di poter in qualsiasi momento utilizzare alternativamente o contemporaneamente almeno due dei sistemi operativi indicati anche attraverso partizioni e/o l’uso di macchine virtuali. Nel primo caso ad ogni avvio si sceglierà il sistema operativo da utilizzare nel secondo caso si può passare ad un altro sistema senza riavviare la macchina. In ogni caso la visibilità reciproca dei file systems deve essere comunque garantita fra un sistema e l’altro.
Il Ministero ignora la domanda e ribadisce l'obbligatorietà del dual boot.
Non sia mai detto che una scuola possa avere un computer senza sistema proprietario!
Ok, ma non è finita qui. Microsoft ha sbaragliato la concorrenza donando tutto il materiale oggetto del bando di gara alle scuole: insomma, il primo numero di Innova la tua scuola è in edicola GRATIS. ;-)
Resta, però, da porsi una domanda: siamo sicuri che nei portatili forniti alle scuole oltre a Windows Vista (presumibilmente immancabile) sia stato incluso anche GNU/Linux o Apple (come prevede il capitolato tecnico)?
Date queste premesse, è lecito supporre che anche il Piano di E-Government 2012 si indirizzi verso Microsoft, già scelta come partner per il progetto Compagno di classe, che ha l'obiettivo di dotare gli studenti della scuola primaria di un PC a loro dedicato (resistente – leggero – sicuro – a basso costo) come strumento didattico.
Iscriviti a:
Post (Atom)