Leggo su ilsole24ore.com questa sentenza del Tribunale di Milano e non posso non rabbrividire davanti alla sudditanza psicologica che le multinazionali possono vantare anche nelle sedi giudiziali.
Il caso in breve: misure tecnologiche di protezione vs copia privata; Tizio acquista un DVD di cui non è possibile fare una copia privata; dunque, chiede riparazione e risarcimento danni al produttore.
Il dispositivo chiave è il testo dell'art. 71-sexies LdA:
1. E' consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater.
2. La riproduzione di cui al comma 1 non può essere effettuata da terzi. La prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale costituisce attività di riproduzione soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica alle opere o ai materiali protetti messi a disposizione dei pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, quando l'opera è protetta dalle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater ovvero quando l'accesso è consentito sulla base di accordi contrattuali.
4. Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.
Il giudice respinge la richiesta di parte attrice perché il sistema di protezione non consente di eseguire una singola copia dell'opera, anche in formato analogico, in quanto all'epoca in cui il supporto è stato acquistato dall'attore (2004) non esistevano sistemi di protezione che tecnicamente consentissero tale possibilità.
Siccome l'alternativa del produttore era tra applicare una TPM che non consentisse copie o rinunciare ad applicare una TPM (con pregiudizio allo sfruttamento normale dell'opera di cui al comma 4 art. cit.) allora l'aver impedito la copia privata è, secondo il giudice, legittimo.
La suddetta motivazione desta qualche perplessità.
Fondamentale è distinguere tra copia privata e copia di riserva.
Il diritto alla copia privata è un diritto alla riproduzione che tu acquisti dopo avere pagato l'equo compenso (che dovrebbe tenere conto, in base all'EUCD, dell'apposizione o meno di misure tecnologiche di protezione; invece, l'equo compenso, in Italia, non è stato calcolato tenendo conto di questo aspetto: grossa lacuna): posso tenere un cd in auto ed uno in casa ed utilizzare entrambi contemporaneamente.
Il diritto alla copia di riserva, invece, lo hai per il semplice fatto di avere acquistato un prodotto digitale (un software) contenuto in un supporto che si può deteriorare facilmente (non entra il gioco l'EUCD su questo) ed ha lo scopo di preservare l'integrità di ciò che si è acquistato: è una copia che si fa e si mette da parte.
La giurisprudenza (sentenze 1769/97 della Pretura di Pescara e 11581/01 della Corte d'appello dell'Aquila) ha da tempo esteso analogicamente il vigore dell'art. 64-ter LdA (che riguarda la copia di riserva e che non parla di sfruttamento normale dell'opera: [...] Non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l'uso. [...]) anche agli audiovisivi.
Questo significa che:
1. la copia di riserva degli audiovisivi deve essere sempre possibile;
2. trattandosi di copia atta a preservare l'integrità dell'acquistato, se l'originale sta su digitale, la copia di riserva non può che essere digitale (un film in dvd costa quasi il doppio di un film il vhs perché oltre alla qualità digitale puoi anche disporre di tutte le funzionalità messe a disposizione dal dvd: cambio lingua, selezione scene, backstage... ): tu consumatore paghi quella qualità e quelle funzionalità e hai il diritto (a cui non puoi rinunciare nemmeno per contratto) di preservarle (indefinitamente).
Pertanto, l'attore, a mio modo di vedere, aveva tutto il diritto di fare una copia di riserva (copia digitale) del dvd:
1. in qualsiasi momento dopo l'acquisto;
2. ogni volta che il dvd in uso fosse diventato inutilizzabile.
Il concetto è semplice e presuppone una piccola dose di buon senso (peraltro il menù di un dvd è un software, non un audiovisivo). Ma il buon senso, anche quando è stato solcato dalla giurisprudenza, quasi mai tende a trovare spazio davanti alle multinazionali.
Che fare allora?
Da una parte, incominciare a parlare di diritto alla copia di riserva (giacché in pochi lo conoscono); dall'altra, cambiare l'art. 71-sexies (l'EUCD consente un certo spazio di manovra) affinché la copia privata digitale sia sempre possibile.