Google ha recentemente brevettato la sua "faccia" (clicca sull'immagine per ingrandirla): una faccia molto comune e molto nota. Nessuno potrà imitarla.
Il fatto è di un certo rilievo proprio perché la struttura della pagina è estremamente elementare: questo significa che alla proprietà intellettuale può sfuggire molto meno di quello che il buon senso suggerisce.
2 commenti:
mah... ma come si fa a brevettare una pagina web?? pensavo che al massimo si potesse vantare il copyright
Ca nissciun'è fesso: ci vuole un progresso, un elemento di novità nell'oggetto brevettato. Qui non c'è: in effetti è una semplice combinazione di elementi classici e basilari dell' html. Ecco difatti cosa abbiamo di fronte: una serie di tendine, un titolo, qualche immagine e un semplicissimo form a riga in cui digitar parole. Non è questa scarna facciata a fare la grandezza di Google:esistono migliaia di siti così, e non è lecito accampare la scusa di prevenire, così, l'inevitabile phishing figlio del successo di Bryn e Page: le truffe sono già punibili in rete anche senza brevetti. Sarebbe assai più sensato brevettare (ma non in Europa, razza di egoisti ignari della potenzialità della condivisione delle idee!) l'algoritmo di ricerca delle pagine Internet o rendere un marchio commerciale (cosa che credo sia già stata fatta) il nome "google" o il simbolo. Non è opportuno nè decoroso essere ingordi e ragionare, mi discpiace dirlo, in modo non costruttivo (per la comunità) e scopertamente infantile (nello stile del bambinotto di cinque anni che, visti i giocattoli, li circonda colle braccia gridando "mio!") specie se si ha in qualche modo una responsabilità sociale guidando un'impresa del genere (concetti comunisti, questi, apparentemente già cancellati dalle nostre povere menti). Il potere, politico o economico, non rende sofisticati o brillanti, rende primitivi e spesso irragionevoli. Basti vedere le futili querelle (e querele) della politica nostrana o le pretese autoreferenziali di vari monopolisti o aspiranti tali dell'informatica impegnati a decidere d'imperio le nostre esistenze digitali in modo che siamo noi a venire in contro a loro e non loro, fornitori di servizi, a noi, ribaltando il detto "il cliente ha sempre ragione". Si tratta di una pretesa infondata: a questo punto anche io posso fare uno scarabocchio diverso da qualunque altro e, per questa sola ragione, brevettarlo, abusando di un'esclusiva che è eccessiva (si tratta della pretesa che il primo ad avere un'idea sia anche l'ultima, vi rendete conto dell'enormità concettuale della cosa?) e che si giustifica solo nel caso (e forse neanche in quello) di progetti rivoluzionari (uno dei primi fu la lampadina ad incandescenza di Edison). Cosa succede a noi poveri umani? Dopo aver dichiarato, senza chieder nulla al Creatore e del tutto di testa nostra, che ogni pezzo di terra doveva essere di qualcuno e solo di quel qualcuno, dopo aver aggiunto che era lecito per alcuni avere più beni di quanti gli sarebbero mai stati necessari all'esistenza, adesso vogliamo spartirci le fette della torta del mondo delle idee in modo che ciascuno sia padrone assoluto di un frammento separato e non comunicante, dunque, alla lunga, pressochè inutile? L'attuale sistema di copyright è lo specchio dei nostri antichi vizi e, se lo si guarda in faccia, ha un aspetto orrendo.
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