giovedì, agosto 02, 2007

LA GPLv3 E' LEGALE IN ITALIA?

Così titola in copertina Linux & C., la rivista nel cui ultimo numero si trova il tanto discusso editoriale di Tassone.

Il tema viene affrontato di un articolo di Monti (intitolato GPLv3: licenza nuova, problemi vecchi) contenuto all'interno del prestigioso mensile (non posso farne una scansione perché il mensile sarà anche "la rivista leader in Italia su Linux e il mondo dell'OpenSource", ma purtroppo è proprietario).

L'articolo di Monti rincara, se possibile, la dose di FUD presente nell'editoriale ed analizza alcuni articoli della GPLv3.
In particolare, Monti sostiene che la GPLv3 stabilisce un meccanismo analogo a quello delle famigerate "licenze a strappo" tanto care all'industria del software proprietario. Secondo Monti la GPLv3 è un contratto per adesione (tipo quelli di banche ed assicurazioni) il che potrebbe privare di valore giuridico almeno alcune parti della nuova licenza.

Monti sostiene che la GPLv3 è un contratto per adesione perché introduce il concetto di "accettazione", in base al quale per ricevere il software l'utente non è obbligato ad accettare la licenza, ma se lo usa, allora la ha accettata. In pratica non c'è negoziazione: o accetti o non accetti.

Quando ho letto questo sono rimasto alquanto perplesso perché (benché abbia piuttosto chiare le problematiche relative ai contratti per adesione) nessuna licenza presuppone negoziazione: o l'accetti o non l'accetti.

Quindi, non avendo capito cosa vuole dire Monti sul punto, non posso commentare.

Ma non è di questo che voglio parlare perché non è questa la parte dell'articolo di Monti che mi ha colpito di più: Monti, afferma che
la GPLv3 non è uno strumento giuridico per regolare determinati rapporti economici, ma un vero e proprio "atto etico" che distingue i buoni dai cattivi.

Siccome il tema della forte componente ideologica della GPLv3 si presenta e si ripresenta (anche nell'editoriale di Tassone) come qualcosa di nefasto, vorrei chiarire un concetto fondamentale del diritto: il diritto poggia sull'etica.
La rilevanza giuridica di una norma è data dalla sua componente etica. E questo è tanto pacifico quanto autoevidente: farsi la barba non è giuridicamente rilevante mentre rubare lo è per una semplice questione etica.
Ma veniamo al diritto privato.
Un'obbligazione (quindi un contratto ma non soltanto un contratto) è un vincolo giuridico volto al soddisfacimento di un interesse (DI QUALSIASI NATURA: SOCIALE, AFFETTIVA, CULTURALE, PSICOLOGICA, ECONOMICA...) attraverso una prestazione (questa sì, sempre e soltanto di natura economica).

Allora, se la GPLv3 è volta a realizzare gli interessi assolutamente legittimi ed assolutamente diffusi di una comunità o quelli di un singolo individuo perché mai non si tratterebbe di uno strumento giuridico ma di un "atto etico"??

Tassone, inoltre, quando tratteggia un immaginifico futuro e dice che la GPLv4 conterrà una clausola che vieterà l'uso del software nei paesi in cui c'è la pena di morte, dimostra di non sapere che le c.d. "licenze etiche" sono sempre state fumo negli occhi per FSF, la cui unica preoccupazione resta la libertà del software.

Ma anche le c.d. licenze etiche sono pur sempre strumenti giuridici perché producono effetti giuridici.

Allora chi è che fa politica? La GPLv3, che, come ogni strumento giuridico degno di chiamarsi tale, tutela interessi legittimi, oppure chi, pur chiamato ad esprimere un parare giuridico, si addentra in constatazioni di natura puramente ideologica?

4 commenti:

Marco Scialdone ha detto...

Anche io quando ho letto tanto l'editoriale quanto l'articolo di Monti sono rimasto perplesso (più per il primo che per il secondo, per la verità). Come te ritengo che ci sia un indissolubile legame tra diritto ed etica: questo non vuole certo essere la premessa o l'avallo di qualsiasi etica di stato ma solo la constazione che la regola giuridica intanto ha ragione di esistere in quanto risponde ad un'esigenza sociale. La norma può sia raccogliere istanze che provengono dalla società (il celebre assunto liberale per cui la società secerne norme ed istituzioni) sia farsi essa stessa portatrice di valori da realizzare (questo secondo modo di procedere è teoricamente quello più pericoloso ma, dal mio punto di vista, non da scartare sempre e comunque).
Ecco perchè non mi meraviglia (ed anzi a dirla tutta, mi piace molto) che una "semplice" licenza possa darsi finalità etiche attraverso il diritto.
Su discorso di Monti io credo si riferisse alle conseguenze giuridiche derivanti nel nostro ordinamento da alcune disposizioni contenute nella GLP3 (ma in verità in tantissime altre licenze) che possono presentarsi quali clausole vessatorie e come tali necessiterebbero di specifica approvazione per iscritto. Per intenderci secondo me la tipica clausola di limitazione di responsabilità se non accettata espressamente per iscritto non ha alcun valore.

k2 ha detto...

Sì, propongo da tempo la firma digitale qualificata (ma anche la firma elettronica) come soluzione a questo ed altri problemi. Esiste anche un software per la firma digitale che include un generatore di licenza copyzero: si chiama javasign e lo trovi qui: http://javasign.sourceforge.net/

A breve pubblicherò un articolo in cui ne illustrerò le innovative funzionalità... e spiegherò anche in quale nuovo progetto verrà inserito.

Marco Scialdone ha detto...

davvero molto interessante, me lo scarico subito, tienimi aggiornato anche sull'articolo. Se lo ritieni lo ripropongo su computerlaw.it ;-)

Anonimo ha detto...

Linux & Co. naviga in cattive acque, pur essendo secondo me la miglior pubblicazione del settore, contando tra le proprie fila una nutrita schiera di "numeri uno"

Tassone invece non mi ha mai convinto, e puo' darsi che il suo sia un modo suicida di fare pubblicita' all'agonizzante giornale

oltre ovviamente a rappresentare un cartello, neanche troppo virtuale, che dice:

*my ass is for $al€*

IMvHO