La direttiva EUCD si è occupata di difendere la posizione dei titolari di diritti connessi (in primis i produttori) e la posizione di chi utilizza DRM (in primis i produttori) ed auspica l'avvento del TC (in primis i produttori).
Gli interessi economici relativi all'opera intesa come bene materiale, sono in grado di fagogitarsi gli ideali di condivisione relativi all'opera intesa come bene immateriale.
Le licenze open content che fanno salvi i diritti connessi e che lasciano campo aperto al DRM, non fanno altro che mortificare lo spirito con le quali sono state concepite.
Lo scambio telematico avviene attraverso files (beni materiali), non telepaticamente; e se su questi files sono presenti diritti esclusivi (i diritti connessi), da una parte, e/o DRM, dall'altra, allora la licenza open content diventa perfettamente inutile, la via legale alla condivisione diventa perfettamente inutile:
perché l'unico modo per condividere questo materiale è quello di ledere i diritti altrui, scaricandolo e diffondendolo senza le necessarie autorizzazioni e/o aggirando sistemi di protezione.
E' una situazione paradossale, che fino ad oggi ho constatato leggendo licenze come le Creative Commons (che fanno salvi i diritti connessi e lasciano la porta aperta al DRM): anche per questo motivo mi sono occupato di dare vita a licenze (le licenze Copyzero X) che hanno una posizione ben differente su questi temi.
Ma ultimamente la vittoria della "moneta sonante" sul "cuore battente" mi appare in tutta la sua evidenza anche nei percorsi storici, non soltanto in quelli strettamente tecnico-giuridici:
Creative Commons e
E' una scelta che, a mio avviso, segna lo spartiacque ideologico tra Lessig e Stallman:
e capisco meglio le ragioni della fine dell'idillio tra Creative Commons e FSF.
2 commenti:
Le multinazionali non avranno mai un infarto.
Allora forse bisogna incominciare a chiedersi chi c'è dietro Lessig...
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