venerdì, giugno 20, 2008

Dal marketing della conoscenza alla sharing economy: il nuovo feudalesimo

Dice De Martin: "Il 99% della conoscenza dell'umanità è nel pubblico dominio".
Però omette di dire che
gran parte delle opere nel pubblico dominio sono tuttavia soggette a diritti esclusivi.
Le opere di Mozart sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le registrazioni delle opere di Mozart.
Le opere di Dante Alighieri sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le traduzioni dei testi di Dante Alighieri (senza contare che la stessa impaginazione dei testi è oggetto di diritti esclusivi).
Le opere di Bernini sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le immagini che le raffigurano (per non parlare dei diritti dei musei: non potete andare a Galleria Borghese e farvi la vostra "copia fotografica" del Ratto di Proserpina).
Emblematica è la Torre Eiffel: non potete fotografarla di notte perché il sistema di illuminazione è sotto copyright.
Per cui, come si trasmette il sapere se è lo stesso mezzo di comunicazione a "portarsi dietro" diritti esclusivi (diritti che, oltretutto, si sta cercando di estendere temporalmente)?
Questo tema andrebbe affrontato e con estrema chiarezza.

A quel punto, potremmo incominciare a parlare di
"sharing economy" e domandarci cosa accade quando un autore autorizza me, produttore di contenuti, a riprodurre la sua opera.
Non è forse nella perpetuazione di diritti esclusivi ottenuti a costo zero e con lavoro altrui che si basa la "sharing economy"? Assolutamente sì: Joichi Ito docet.
Un contentino all'autore, che già è soddisfatto per la pubblicità che gli viene fatta, e il pranzo è servito.

Questa impostazione (così come il
"marketing della conoscenza", di cui si è parlato alla conferenza nazionale di cc.it) è molto distante dall'economia del dono (e - attenzione - l'economia del dono non è la dottrina della beneficenza).
Ma è anche distante - e questo forse ha un rilievo maggiore - dalla rivoluzione culturale di cui l'open content è espressione in potenza.
Il paradigma sinallagmatico (perdonate il parolone) resta fondato sul lucro, mentre sarebbe possibile fondarlo sull'etica, con vantaggio sia per il lucro individuale sia per l'evoluzione dei rapporti sociali.
Non giudico, non porto ideologie, ma è bene descrivere le cose per quello che sono e mettere i "puntini" sulle c, sulle p, sulle d...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sottoscrivo tutto quello che dici. Si fa presto a parlare di pubblico dominio, però poi se vai a vedere siamo assolutamente imbrigliati in mille lacci e laccetti! E alla fine chi pensi che stia dalla parte giusta si rivela per quello che è! Oddio, non voglio nemmeno pensarci!