venerdì, ottobre 12, 2007

Modchip & modchop

Un negoziante di Bolzano vendeva (quindi attività pubblica ed a fine di lucro) dei modchip per le console PS2 a degli utenti.

Il commerciante era stato condannato in primo grado e poi assolto in Corte d'appello per insussistenza del fatto.

Il problema giuridico trattato lì era stato il seguente: occorreva innanzitutto stabilire se al caso in questione fosse da applicarsi l'art. 171-ter lett. f-bis della normativa generica sul diritto d'autore, oppure l'art. 171-bis comma 1, che si occupa specificamente di programmi per elaboratore.

L'art. 171-bis comma 1 recita:
Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un
programma per elaboratori. [...]

L'art. 171-ter. recita:
È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque a fini di lucro: [...]
f-bis) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. [...]

Attenzione a quanto riportato in rosso.

L'art. 171-bis punisce l'uso di un mezzo che consente l'esecuzione di codice pirata a condizione che tale mezzo sia volto esclusivamente a questo uso. Per esempio, un codegen si comporta in questo modo, un modchip no, perché quest'ultimo può essere utilizzato anche per fare girare legittimamente il proprio software o per installare
Linux®. Quindi, se si applica l'art. 171-bis, la vendita di un modchip non è illegale, perché manca il fatto che il modchip sia teso unicamente ad eludere le protezioni.

L'art. 171-ter, invece, punisce la condotta quando l'uso principale del dispositivo è l'elusione di protezioni: sono oggetto di sanzione anche quei chip che si usano "di solito ma non sempre" per scopi illegali.

La Corte d'appello di Bolzano, aveva dovuto innanzitutto risolvere il problema dell'applicabilità dell'uno o dell'altro articolo.

Ed aveva deciso di considerare la
PS2 un computer, anche perché così era stato dichiarato da Sony allo scopo di eludere le tasse doganali sulle console.
Dopodiché, il giudice aveva ragionato così: se la
PS2 è un computer, allora al caso di specie si applica l'art. 171-bis in tema di programmi per elaboratore.

Però, il modchip può essere usato anche per scopi legittimi.

E l'art. 171-bis (a differenza dell'art. 171-ter), integra la fattispecie criminosa solo se il dispositivo può essere usato esclusivamente a scopi illegali.

Per questa ragione, la Corte d'appello ha ritenuto non punibile la condotta dell'imputato ai sensi dell'art. 171-bis e lo ha assolto perché il fatto non sussiste.

Si noti che non era in alcun modo in gioco il diritto di eseguire codice non
Sony sulla console da parte dell'utente. Questo comportamento, anzi, viene citato espressamente come legittimo nella sentenza della Corte d'appello (e vedremo che sarà così anche per la Corte di cassazione):
Ultima questione su cui occorre soffermarsi, e connessa a tutte le problematiche sopra esaminate, è se il produttore di una macchina possa inibirne un uso diverso da quello da lui voluto, tenuto conto del noto principio civilistico che chi è proprietario di un bene può goderne nel modo più ampio ed esclusivo. Ritiene il Giudicante che colui che acquista una Playstation, come ogni altro personal computer, possa modificarla, in quanto proprietario, ampliandone le funzionalità. L'acquirente per legge deve essere libero di disporre del bene nel modo più amplio ed esclusivo. In conclusione, il modchip facultizza l'acquirente della macchina ad una serie di funzioni legittime (l'accesso al sistema da parte del legittimo proprietario dell'hardware, nel rispetto del diritto d'autore, utilizzo di software legalmente acquistato all'estero nel pieno rispetto della legge sul diritto d'autore, lettura di software liberamente sviluppato da programmatori di tutto il mondo e messo a disposizione gratuitamente, esecuzione di una copia di sicurezza del supporto esercitando una facoltà prevista dalla legge).

Vediamo cosa succede in Cassazione. La Sony fa ricorso in Cassazione e vince.

La Corte di cassazione cassa la sentenza della Corte d'appello di Bolzano, e stabilisce che il processo si dovrà rifare a Trento.

Ma anche la Cassazione afferma che l'esecuzione di codice non
Sony sulla console è legittimo:
In particolare, i "mod chip" permettevano all'utente di aggirare le protezioni apposte dal fabbricante e consentivano all'apparato PS2 di leggere ed utilizzare anche supporti non originali contenenti videogiochi, con conseguente possibilità di leggere ed utilizzare videogiochi "masterizzati" e cioè riprodotti in modo illegale e privi di contrassegno SIAE.
Va detto che i medesimi "mod chip" ampliano anche altre funzionalità dell'apparato PS2, in sé legittime.

Cosa è successo allora? Perché hanno cassato la sentenza di assoluzione, se anche loro hanno ammesso che i mod-chip possono avere anche usi legittimi?

Semplice: la Cassazione ha ritenuto che i videogiochi non fossero programmi per elaboratore, e che invece fossero da ritenersi opere multimediali simili alle videocassette. In questo modo, l'articolo applicabile diventa il già citato art. 171-ter (lettera f-bis), anzi, lettera d) del dispositivo vigente al momento della commissione del fatto), e poiché in quel caso è sufficiente dimostrare che lo scopo prevalente del dispositivo mod-chip è un uso illegale (uso, inoltre, non privato e a scopo di lucro), ecco che scatta la sanzione penale.

Questo è quanto. Il processo andrà rifatto a Trento e chi vivrà vedrà (io non sono ottimista: il giudice di merito dovrà applicare la fattispecie indicata dalla Cassazione).

Adesso, qualche doveroso commento.

Nella sentenza della Cassazione i videogiochi vengono considerati non mero software.
Il software c'è. Il problema è che c'è anche dell'altro, ossia opere dell'ingegno diverse dal software e dunque rientranti nella fattispecie dell'art. 171-ter.

Questo deve far riflettere.

Se la differenza tra un mero software e un videogioco può essere facilmente individuata, il confine tra il software e il non mero software è un po' più labile.

Un articolo, ad esempio, come il 181-bis, si pone il problema e ci spiega un poco il confine tra mero software e non mero software ([...] "sempre che tali programmi non contengano suoni, voci o sequenze di immagini in movimento tali da costituire opere fonografiche, cinematografiche o audiovisive intere, non realizzate espressamente per il programma per elaboratore, ovvero loro brani o parti eccedenti il cinquanta per cento dell'opera intera da cui sono tratti, che diano luogo a concorrenza all'utilizzazione economica delle opere medesime" [...])
Ma è una distinzione che vale per la fattispecie di cui all'art. 181-bis.

L'art. 171-ter non ci dà alcuna spiegazione in merito.
Un testo non è forse un'opera dell'ingegno? E' altro dal software (mero codice) eppure ogni software manda a video dei testi, delle immagini, esegue file audio... : si tratta di mero software o di non mero software?
Per usare un termine della Cassazione, i contenuti extra-software sono da considerarsi comunque parte del software o vi si "appoggiano" soltanto?

E lascia un po' perplessi leggere nella sentenza che i videogiochi sono vere e proprie opere dell'ingegno e non mero software: come se il software non fosse un'opera dell'ingegno vera e propria!

Forse la Cassazione, in questa sentenza, che comunque ritengo corretta, poteva cogliere l'occasione per chiarire il confine in oggetto, anche perché abbiamo già sentenze passate in giudicato che, in linea interpretativa opposta rispetto a quella seguita dalla Cassazione, estendono analogicamente le fattispecie di articoli inerenti esclusivamente il software anche ad audio e video (ad esempio, in materia di copia privata).

Cosa ci riserberà il futuro in una situazione di incertezza?
Non ci sarebbe da meravigliarsi se la multinazionale di turno incominciasse a premere perché ogni suo prodotto software venisse considerato non mero software, al fine di beneficiare di una tutela più ampia.

Soltanto una cosa è certa: la legge non prende sufficientemente in considerazione casi come quello di cui abbiamo parlato oggi. E questo è grave perché una caratteristica fondamentale della norma penale è la determinatezza della fattispecie: occorre determinare (con il dovuto buon senso) il confine tra mero software e non mero software prima che le multinazionali tirino definitivamente la coperta dalla loro parte.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come al solito un'impeccabile sintesi. ;)
Penso anche io che il "girone di ritorno" non sarà molto agevole. :(