Molti non sanno come funziona esattamente il servizio deposito opere inedite di Siae, né Siae dà sul proprio sito adeguate informazioni circa le conseguenze del non rinnovo del deposito.
E allora...
L'autore invia il pacco (contenente l'opera) a Siae, Siae lo sigilla in un plico e ogni 5 anni chiede all'autore di pagare per il rinnovo del deposito. Se l'autore non paga e vuole evitare che il pacco venga distrutto, può ritirarlo.
Molti pensano che, ritirato il pacco che è stato qualche anno presso Siae, avranno comunque tra le mani una prova di esistenza dell'opera ad una data certa.
Molti pensano di ritirare il pacco nel plico sigillato di Siae.
Si tratta di gravi errori di valutazione.
Il plico (di Siae: ossia l'involucro sigillato dentro cui Siae ha messo il pacco che l'autore ha inviato a Siae) viene distrutto sempre: è il pacco che, a richiesta dell'autore, viene estratto dal plico e viene a lui riconsegnato.
Ai fini della tutela, che il pacco venga distrutto o ritirato è esattamente la stessa cosa: nel momento in cui il pacco non è più sigillato nel plico e depositato presso Siae è come se il pacco non fosse mai stato inviato a Siae.
In altre parole, il giorno in cui l'autore ritira la sua opera non dispone più di una prova di esistenza della stessa ad una data certa.
E ciò è anche logico: se così non fosse, basterebbe inviare un pacco a Siae e ritirarlo il giorno seguente per procurarsi una prova di esistenza dell'opera ad una data certa senza la necessità di pagare per i rinnovi del deposito.
Questo è uno dei tanti motivi per cui conviene utilizzare copyzero.
lunedì, settembre 06, 2010
giovedì, settembre 02, 2010
La guerra dello yoga
Da La Repubblica.
Viste le dimensioni del business, gli americani stanno cercando di "privatizzare" lo yoga. Negli Stati Uniti impazza la corsa a brevettare i metodi. Centinaia di "posizioni" sono concupite da chi vuole metterci il suo copyright. Chiunque le pratichi dovrebbe versare un diritto d'autore al proprietario. Lo U. S. Patent and Trademark Office ha già riconosciuto ufficialmente 131 brevetti, e ci sono altre 3.700 richieste in attesa di essere esaminate. Finora si tratta soprattutto di libri, vestiti, Dvd. Ma c'è chi vuole estendere il copyright sui movimenti, le posizioni. E stavolta l'India, solitamente tollerante di fronte a tanti stravolgimenti dello yoga, si ribella. In India lo yoga ha radici antichissime: le prime forme risalgono addirittura al 2.500 prima di Cristo. È legato alla religione induista, è stato quasi sempre insegnato gratis, negli ashram o nei giardini pubblici. L'idea di farne un business privato appare sacrilega. "Furto di yoga", intitolano i giornali indiani. La reazione si organizza, i guardiani dell'antica disciplina passano al contrattacco. Un'agenzia governativa di New Delhi, la Traditional Knowledge Digital Library, ha chiamato a raccolta i più autorevoli yogi dalle nove scuole principali, e li ha affiancati a duecento scienziati. La loro missione: recuperare e scannerizzare tutti i testi millenari che contengono le sutra dello yoga. Lo scibile completo di questa materia include 900 posizioni. Sarà riprodotto con le tecnologie digitali e messo su video, almeno per i 250 esercizi più popolari. "È un patrimonio dell'umanità, a disposizione di tutti, e deve rimanere gratuito" è l'obiettivo ufficiale dell'operazione secondo il suo direttore V. K. Gupta. Da 34 milioni di pagine - l'immensa mole di documenti raccolti - gli indiani vogliono arrivare a un "sunto" da tradurre in inglese, cinese, spagnolo, tedesco e giapponese. "Guai se qualcuno volesse impadronirsi di questa sapienza, benefica per l'umanità". Paradossalmente la guerra per privatizzare lo yoga fu lanciata proprio da un indiano. Nel 2004 il guru di Calcutta Bikram Choudhury, sbarcato a Beverly Hills in California, lanciò lo Hot Yoga in palestre a temperatura da sauna. Quando si accorse che in tutta la California si diffondevano le imitazioni, cercò di brevettare 26 esercizi e di incassare royalties. Oggi lo Yoga "bollente" viene praticato in 400 centri, da San Francisco a Parigi. E Choudhury ha già guadagnato 7 milioni di dollari di copyright.
Viste le dimensioni del business, gli americani stanno cercando di "privatizzare" lo yoga. Negli Stati Uniti impazza la corsa a brevettare i metodi. Centinaia di "posizioni" sono concupite da chi vuole metterci il suo copyright. Chiunque le pratichi dovrebbe versare un diritto d'autore al proprietario. Lo U. S. Patent and Trademark Office ha già riconosciuto ufficialmente 131 brevetti, e ci sono altre 3.700 richieste in attesa di essere esaminate. Finora si tratta soprattutto di libri, vestiti, Dvd. Ma c'è chi vuole estendere il copyright sui movimenti, le posizioni. E stavolta l'India, solitamente tollerante di fronte a tanti stravolgimenti dello yoga, si ribella. In India lo yoga ha radici antichissime: le prime forme risalgono addirittura al 2.500 prima di Cristo. È legato alla religione induista, è stato quasi sempre insegnato gratis, negli ashram o nei giardini pubblici. L'idea di farne un business privato appare sacrilega. "Furto di yoga", intitolano i giornali indiani. La reazione si organizza, i guardiani dell'antica disciplina passano al contrattacco. Un'agenzia governativa di New Delhi, la Traditional Knowledge Digital Library, ha chiamato a raccolta i più autorevoli yogi dalle nove scuole principali, e li ha affiancati a duecento scienziati. La loro missione: recuperare e scannerizzare tutti i testi millenari che contengono le sutra dello yoga. Lo scibile completo di questa materia include 900 posizioni. Sarà riprodotto con le tecnologie digitali e messo su video, almeno per i 250 esercizi più popolari. "È un patrimonio dell'umanità, a disposizione di tutti, e deve rimanere gratuito" è l'obiettivo ufficiale dell'operazione secondo il suo direttore V. K. Gupta. Da 34 milioni di pagine - l'immensa mole di documenti raccolti - gli indiani vogliono arrivare a un "sunto" da tradurre in inglese, cinese, spagnolo, tedesco e giapponese. "Guai se qualcuno volesse impadronirsi di questa sapienza, benefica per l'umanità". Paradossalmente la guerra per privatizzare lo yoga fu lanciata proprio da un indiano. Nel 2004 il guru di Calcutta Bikram Choudhury, sbarcato a Beverly Hills in California, lanciò lo Hot Yoga in palestre a temperatura da sauna. Quando si accorse che in tutta la California si diffondevano le imitazioni, cercò di brevettare 26 esercizi e di incassare royalties. Oggi lo Yoga "bollente" viene praticato in 400 centri, da San Francisco a Parigi. E Choudhury ha già guadagnato 7 milioni di dollari di copyright.
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