Per scrivere quanto segue è bastato modificare la voce "feudalesimo" presente su wikipedia.
Tra il serio e il faceto, le similitudini sono tuttavia inquietanti.
Il nuovo feudalesimo, detto anche "rete telematico-vassallatico-beneficiaria", è un sistema sociale che si affermerà in tutto il pianeta con l'imperialismo nipponico-americano. In senso economico sarà un'evoluzione della società post-industriale.
Il nuovo sistema feudale trarrà origine da due tradizioni simili: quella softwareliberistica dei fedeli che contornano il capo (o stalliere) e quella copyfree degli sfruttatori dell'ingegno altrui.
Verso la fine del XX secolo, con l'avvento di Internet e del file sharing, il copyright è piombato nell'insicurezza e nella difficoltà causata dalla mancanza di un potere di controllo centrale, causata da una vera e propria destrutturazione dell'organizzazione delle multinazionali, senza garanzia della salvaguardia dei propri diritti di sfruttamento economico, il tutto aggravato dalle nuove incursioni di hackers, pirati e liberi condivisori.
In questo contesto è nata "dal basso" la richiesta di nuove strutture di potere che vadano a colmare spontaneamente quei vuoti di potere apparentemente deferiti dal regime multinazionalistico. E' nato così il fenomeno dell'incastellamento degli autori, con la distribuzione commerciale di opere d'arte dove è presente l'ingegno del servo e la proprietà del signore locale (start-up). Le persone che gravitano attorno al castello sono tutte legate da precisi rapporti di dipendenza al signore. La "castellania" è la circoscrizione attorno al castello, che si inquadra a sua volta in unità imprenditoriali più vaste e consolidate, sino ad arrivare alle multinazionali, che, uscite dalla vecchia porta, rientrano dalla nuova finestra.
Elementi fondamentali del rapporto telematico-vassallatico-beneficiario.
A livello teorico sono tre gli elementi fondamentali e caratterizzanti del sistema telematico-vassallatico-beneficiario:
1. Elemento materiale: honor o beneficium dato in concessione dal dominus o senior al vassus; si tratta di un bene materiale (spiccioli e/o pubblicità).
2. Elemento personale-immateriale: la fedeltà personale del vassus è garantita da una licenza, l'homagium ("omaggio"): sorta di contratto con il quale il vassus dona il frutto del proprio ingegno al suo signore, il quale porrà su di esso nuovi diritti esclusivi.
3. Elemento giudiziario: il vassus acquista immunità giudiziaria, cioè il privilegio di non subire alcun controllo da parte dell'autorità pubblica.
Nella realtà il sistema dei nuovi rapporti feudali è ben più complesso della piramide: si può essere sottoposti a più signori, con gravi difficoltà, per esempio, quando due o più di questi signori entrano in conflitto tra loro. A tal proposito può essere utile il giuramento "ligio", cioè il riconoscimento di un legame prioritario con un determinato signore.
venerdì, giugno 20, 2008
Dal marketing della conoscenza alla sharing economy: il nuovo feudalesimo
Dice De Martin: "Il 99% della conoscenza dell'umanità è nel pubblico dominio".
Però omette di dire che gran parte delle opere nel pubblico dominio sono tuttavia soggette a diritti esclusivi.
Le opere di Mozart sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le registrazioni delle opere di Mozart.
Le opere di Dante Alighieri sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le traduzioni dei testi di Dante Alighieri (senza contare che la stessa impaginazione dei testi è oggetto di diritti esclusivi).
Le opere di Bernini sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le immagini che le raffigurano (per non parlare dei diritti dei musei: non potete andare a Galleria Borghese e farvi la vostra "copia fotografica" del Ratto di Proserpina).
Emblematica è la Torre Eiffel: non potete fotografarla di notte perché il sistema di illuminazione è sotto copyright.
Per cui, come si trasmette il sapere se è lo stesso mezzo di comunicazione a "portarsi dietro" diritti esclusivi (diritti che, oltretutto, si sta cercando di estendere temporalmente)?
Questo tema andrebbe affrontato e con estrema chiarezza.
A quel punto, potremmo incominciare a parlare di "sharing economy" e domandarci cosa accade quando un autore autorizza me, produttore di contenuti, a riprodurre la sua opera.
Non è forse nella perpetuazione di diritti esclusivi ottenuti a costo zero e con lavoro altrui che si basa la "sharing economy"? Assolutamente sì: Joichi Ito docet.
Un contentino all'autore, che già è soddisfatto per la pubblicità che gli viene fatta, e il pranzo è servito.
Questa impostazione (così come il "marketing della conoscenza", di cui si è parlato alla conferenza nazionale di cc.it) è molto distante dall'economia del dono (e - attenzione - l'economia del dono non è la dottrina della beneficenza).
Ma è anche distante - e questo forse ha un rilievo maggiore - dalla rivoluzione culturale di cui l'open content è espressione in potenza.
Il paradigma sinallagmatico (perdonate il parolone) resta fondato sul lucro, mentre sarebbe possibile fondarlo sull'etica, con vantaggio sia per il lucro individuale sia per l'evoluzione dei rapporti sociali.
Non giudico, non porto ideologie, ma è bene descrivere le cose per quello che sono e mettere i "puntini" sulle c, sulle p, sulle d...
Però omette di dire che gran parte delle opere nel pubblico dominio sono tuttavia soggette a diritti esclusivi.
Le opere di Mozart sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le registrazioni delle opere di Mozart.
Le opere di Dante Alighieri sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le traduzioni dei testi di Dante Alighieri (senza contare che la stessa impaginazione dei testi è oggetto di diritti esclusivi).
Le opere di Bernini sono nel pubblico dominio, ma non lo sono necessariamente le immagini che le raffigurano (per non parlare dei diritti dei musei: non potete andare a Galleria Borghese e farvi la vostra "copia fotografica" del Ratto di Proserpina).
Emblematica è la Torre Eiffel: non potete fotografarla di notte perché il sistema di illuminazione è sotto copyright.
Per cui, come si trasmette il sapere se è lo stesso mezzo di comunicazione a "portarsi dietro" diritti esclusivi (diritti che, oltretutto, si sta cercando di estendere temporalmente)?
Questo tema andrebbe affrontato e con estrema chiarezza.
A quel punto, potremmo incominciare a parlare di "sharing economy" e domandarci cosa accade quando un autore autorizza me, produttore di contenuti, a riprodurre la sua opera.
Non è forse nella perpetuazione di diritti esclusivi ottenuti a costo zero e con lavoro altrui che si basa la "sharing economy"? Assolutamente sì: Joichi Ito docet.
Un contentino all'autore, che già è soddisfatto per la pubblicità che gli viene fatta, e il pranzo è servito.
Questa impostazione (così come il "marketing della conoscenza", di cui si è parlato alla conferenza nazionale di cc.it) è molto distante dall'economia del dono (e - attenzione - l'economia del dono non è la dottrina della beneficenza).
Ma è anche distante - e questo forse ha un rilievo maggiore - dalla rivoluzione culturale di cui l'open content è espressione in potenza.
Il paradigma sinallagmatico (perdonate il parolone) resta fondato sul lucro, mentre sarebbe possibile fondarlo sull'etica, con vantaggio sia per il lucro individuale sia per l'evoluzione dei rapporti sociali.
Non giudico, non porto ideologie, ma è bene descrivere le cose per quello che sono e mettere i "puntini" sulle c, sulle p, sulle d...
martedì, giugno 10, 2008
NO SIAE NO PARTY
Un'inchiesta realizzata da 0format, laboratorio universitario multimediale di produzione videogiornalistica (Facoltà di Scienze della Comunicazione - Reggio Emilia).
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