 Se c'è un popolo che ha sempre usato la goliardia e la provocazione per comunicare, questo è il popolo americano. Pensate allo stesso termine copyleft: parrebbe che si tratti del contrario di copyright... ossia assenza di copyright. In realtà, il copyleft è soltanto una forma di copyright. Stallman "esiste pubblicamente" dal 1984 e quindi ha poco senso criticarlo (anzi, è preferibile cercare il suo appoggio... per poi ricevere un "no grazie").  Ha invece molto più senso criticare nuove realtà che si affacciano sul mondo dell'open content e che quindi diventano potenziali "concorrenti". Accade in Italia (io stesso ne so qualcosa: ad esempio, non posso nominare copyzero sulle liste di creative commons per espresso divieto del public lead italiano di creative commons), figuriamoci in USA!
Se c'è un popolo che ha sempre usato la goliardia e la provocazione per comunicare, questo è il popolo americano. Pensate allo stesso termine copyleft: parrebbe che si tratti del contrario di copyright... ossia assenza di copyright. In realtà, il copyleft è soltanto una forma di copyright. Stallman "esiste pubblicamente" dal 1984 e quindi ha poco senso criticarlo (anzi, è preferibile cercare il suo appoggio... per poi ricevere un "no grazie").  Ha invece molto più senso criticare nuove realtà che si affacciano sul mondo dell'open content e che quindi diventano potenziali "concorrenti". Accade in Italia (io stesso ne so qualcosa: ad esempio, non posso nominare copyzero sulle liste di creative commons per espresso divieto del public lead italiano di creative commons), figuriamoci in USA!No, Lessig, non mi convinci: un nome serve ad attirare l'attenzione su un programma, poi è il programma quello che conta. Tu che parli di affrancamento della cultura dalla mercificazione, pensa a come vengono oggi considerate, nella stragrande maggioranza dei casi, le licenze CC: uno strumento autopromozionale (sia per gli autori che per i venditori). E non c'è dubbio, caro Lessig, che il venture capitalist (Joichi Ito: leggetevi questo articolo apparso su Liberazione quasi 3 anni fa, ben prima che l'onnipresente giapponese prendesse le redini di Creative Commons) al quale hai passato o dovuto passare il testimone, durante quello squallido (imho) evento su Second Life, intende condurre Creative Commons nella direzione dell'e-commerce e del "marketing della conoscenza" (di questo si è parlato anche all'ultima conferenza nazionale di cc.it). Detto ciò, fare di un marchio registrato (CC) uno strumento di promozione della cultura libera è assolutamente geniale. Vedremo poi tutta questa genialità a cosa porterà. Per il momento preferisco il Pirat Partiet: ha certamente le idee più chiare di Creative Commons (che mentre tira fuori il sistema CC+ ancora non è in grado di spiegare cosa è commerciale e cosa non lo è ai sensi della licenza CC: e nel dubbio già c'è chi vanta la sua presenza sul sito di cc.org e dice che se un video va virale diventa commerciale).
 
 
2 commenti:
tutti gli americani sono così: alla fine pensano solo a fare marketing!!
A LESSIG PIACE DIETRO!!!
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